L’Europa
dovrebbe migliorare subito i propri limiti economici di impostazione. Ad
esempio bisognerebbe abolire da subito l’assurda imposizione economica del
limite di produzione delle quote latte, e di tutti gli altri prodotti
alimentari, compresa la lunghezza delle zucchine. Non solo l’Italia ne è
penalizzata, ma anche gli altri Paesi europei. Il libero mercato e la libera
concorrenza creano prezzi e prodotti. L’Italia ha per caratteristiche
geografiche e climatiche una grande potenzialità nel settore agricolo,
ad oggi non ben utilizzato a causa di una abortita strategia agricola interna
nazionale. Senza considerare il nome e la fama che il made in Italy ha nel mondo.
Ma ogni Paese europeo ha le proprie caratteristiche e predisposizioni
produttive.
Noi europei oggi ci troviamo
nella assurda situazione, e contraddizione, di essere bloccati nei vincoli
interni di produzione ma di prendere poi prodotti di ogni genere (i prodotti
che entrano in Europa già da tempo devono essere conformi alle normative CEE) provenienti
dai Paesi emergenti economicamente. Per certi versi siamo noi che li rendiamo
emergenti, perché noi ci zavorriamo di veti e limiti fino ad affondare. I veti
ed i limiti devono certamente esistere sia in produzione europea e sia in
importazione dei prodotti alimentari extraeuropei, ma devono essere riferiti
alla qualità dei prodotti, ai processi di produzione, ed alla tutela della
salute dei consumatori. Non in quote prestabilite di produzione per ogni Paese
europeo. È come se ci fossimo tagliati gli attributi da soli!
L’Europa deve puntare
maggiormente alla esportazione, e per puntare alla
esportazione non può continuare ad avere una economia agricola interna
ingessata in vincoli reciproci come è impostata ora.
L’economia e la produttività
non riguardano solo il settore agricolo ma anche quello industriale Per
economia si intende lavoro, produzione, ricchezza e benessere. La futura
economia moderna non dovrà prescindere dai due principi fondamentali e
prioritari di eco-sostenibilità e di tutela ambientale, unitamente
ai principi di tutela del lavoratore e della qualità del lavoro. Chi
pensa che la produzione e la ripresa economica europea legittimano il passare
sopra a tali principi fondamentali di civiltà sbaglia. Il boomerang di una economia
contemporanea esasperata e virtuale ce lo abbiamo proprio ora sula collo. Ma la
concorrenza globale è spietata. Questo sarà un grave dilemma che
l’Europa dovrà affrontare per tenere il passo con le economie emergenti. La
risposta a tale dilemma spero sarà la più civile e la più etica. I costi di
produzione non sono formati solo dal costo del lavoro. Un primo passo
importante sarebbe quello di raggiungere il più possibile l’indipendenza
energetica. Questo vale per l’Europa, ma ancora prima per ogni Paese che vi
fa parte. Le energie alternative eco-sostenibili dovranno essere maggiormente
sviluppate (già sono incentivate da tempo con sovvenzionamenti europei). La green
economy può diventare, oltre ad una necessità che crea posti di lavoro,
una impostazione europea.
Nel risolvere la crisi
economica che la sta colpendo, le cui cause sono sia interne europee e sia
internazionali, l’Europa si focalizza solo sui singoli Stati senza attuare modifiche strutturali europee. Essa
è impegnata a rincorrere i pareggi di bilanci dei vari Paesi (è vero che vi
sono Paesi che devono imparare a gestirsi meglio) ed aiuta
i Paesi europei in difficoltà, ma se contemporaneamente non modifica le proprie
carenze interne, nel settore economico
produttivo, nel settore bancario, e nel settore finanziario, agisce solo
per metà del problema, e tra un po’ non ci sarà più niente da salvare.
Qualunque cosa, od essere
vivente, che non ha la capacità di evolversi … si estingue. E talvolta anche l’estinzione rientra nella
evoluzione (sperando che non sia questo il caso dell’Europa).
Angela Pensword 25/03/2013
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