È capitato ancora. Una donna è
stata picchiata dal proprio convivente, ed ora è in coma in ospedale. Questa
volta è capitato a Roma, in zona Casal Brunori, ma non c’è un luogo immune da
tale violenza. Le violenze pare siano andate avanti per ore, a giudicare da
quanto riportato dai vicini di casa (Tgcom24). Pare anche che il convivente
abbia agito sotto effetto di stupefacenti (Tgcom24). Su questo ultimo punto
vorrei allargare il discorso su un aspetto giuridico in vigore nel nostro
ordinamento che trovo inquietante, ed al quale spesso gli avvocati difensori si
appellano. Se non ricordo male, infatti, chi agisce sotto l’effetto di
stupefacenti ha una scusante in base alla “momentanea incapacità di
intendere e di volere”. Penso che non si debba avere una scusante, ma
casomai un’aggravante. Ed in casi di
questo genere, se non un’aggravante per
avere assunto droghe, certamente non ci possono essere scusanti. Recentemente
le pene contro il femminicidio, lo stalking, e contro la violenza sulle donne
in genere, sono state inasprite proprio per arginare e regolamentare meglio tali fenomeni che ultimamente hanno raggiunto un grado
di problematica sociale. Purtroppo tali modifiche non bastano ad impedire a chi ha per indole, educazione, patologia, o
inciviltà, la naturalezza nel compiere tali gesti. Quindi i fattori sui quali
agire devono essere anche altri. Tra questi vi è l’istruzione, e l’educazione
del cittadino come individuo sociale. Parlare sistematicamente di questi
argomenti nelle scuole potrebbe essere utile a modificare in parte una
mentalità maschilista ed una educazione sbagliata, e a sensibilizzare i ragazzi
e le ragazze su tale problematica. Perché
una donna rimane insieme ad un uomo anche quando quest’ultimo è un tipo
aggressivo? Istinto materno? Evidentemente, prima di diventare un mostro,
quest’uomo è un mansueto agnellino. Ma delle avvisaglie di un comportamento
aggressivo non possono non esserci. Bisogna quindi fare una ulteriore
riflessione: probabilmente le avvisaglie non vengono riconosciute. Insomma non
si ha la capacità di decifrare i campanelli d’allarme espressi in alcuni
atteggiamenti di tali soggetti. Quindi, oltre a educare l’uomo a non
offendere la donna, bisogna educare la donna a difendersi dall’uomo. Questo
è un concetto che credo sia molto importante, e che dovrebbe essere inserito
anche esso all’interno di un programma scolastico di educazione sentimentale
(vedi mia PROPOSTA DI RIFORMA SCOLASTICA di luglio 2013). Inoltre non è
possibile che non ci siano dei trascorsi di atteggiamenti aggressivi, come
denuncie da parte di una precedente compagna. Non sono mancati casi di
reiterazione di tale modalità, anche omicida, da parte di uomini che avevano
già subito una condanna. Forse si potrebbe ipotizzare in futuro anche un banca
dati di uomini protestati per violenza sulle donne e stalking, consultabile
dalle neo fidanzate. Ma prima di questo rimane importante sapere decifrare i
comportamenti psicologici aggressivi latenti. Le avvisaglie non si possono
ignorare, ed una donna non dovrebbe mai permettere al proprio uomo di darle
nemmeno uno schiaffo (e viceversa ovviamente). Oppure si ha la convinzione che
un uomo si può permettere di alzare le mani sulla propria donna? Questa nel
caso sarebbe una convinzione femminile errata. O per amore si deve perdonare
tutto, anche le violenze fisiche? La risposta a tale domanda è scontata (no
comment!). Talvolta, per bisogno di amore, o per paura di modificare la propria
vita, la donna continua a subire una situazione pesante. Molte associazioni a
tutela delle donne spronano invece a reagire subito alla prima violenza.
Purtroppo, tali uomini, nel momento in cui si sentono lasciati, o rifiutati,
diventano ancora più aggressivi. In quel momento si innesca spesso anche una
modalità di persecuzione stalking, e violenza, talvolta premeditata. Perché
non imporre allora delle sedute di supporto psicologico agli individui che vengono
denunciati per violenza o per stalking dalla propria compagna?
Probabilmente perché lo Stato sociale che abbiamo non si può permettere di
sostenere economicamente una cosa tanto civile e preventiva. Così facendo però uno Stato viene meno ad
un’altra delle sue funzioni. Anche a questa mancanza bisognerebbe porre
rimedio. Le violenze fisiche sono senza dubbio cruente, ma vi sono anche altre
violenza da eliminare, quelle psicologiche, come il mobbing domestico e le
vessazioni della personalità. Al riguardo vi è anche la complicità e la
debolezza della donna che subisce. Una maggiore tutela della donna, oltre alle
modifiche già pensate, nel periodo post denuncia, potrebbe essere di aiuto. E
dato che si tratta di crimini, e le forze dell’ordine fanno ciò che possono ma
sono su tutti i fronti sotto organico, aumentare l’organico di queste ultime e
la disponibilità dei mezzi , e risolvere almeno in parte i vari problemi che
le forze che devono garantire la sicurezza nella nostra società hanno,
migliorerebbe la possibilità di controllo e prevenzione su tutti i crimini,
femminicidio e violenza sulle donne comprese. In conclusione vorrei fare una
ulteriore considerazione: le malattie comportamentali che si esprimono
all’interno della società, come nel caso di tale fenomeno specifico (ma vale
per molte altre problematiche) vanno
combattute su più fronti. Non bisogna scordare che la società è come un
corpo vivente, e come tale esprime i suoi sintomi. E trattandosi di un corpo
complesso, per migliorare le
problematiche da affrontare spesso bisogna
coinvolgere tutti gli apparati della società (leggi, educazione, repressione
sicurezza e controllo, sanità).
Angela Pensword 06/02/2014
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