giovedì 6 febbraio 2014

VIOLENZA SULLE DONNE: CONTINUANO I CASI

È capitato ancora. Una donna è stata picchiata dal proprio convivente, ed ora è in coma in ospedale. Questa volta è capitato a Roma, in zona Casal Brunori, ma non c’è un luogo immune da tale violenza. Le violenze pare siano andate avanti per ore, a giudicare da quanto riportato dai vicini di casa (Tgcom24). Pare anche che il convivente abbia agito sotto effetto di stupefacenti (Tgcom24). Su questo ultimo punto vorrei allargare il discorso su un aspetto giuridico in vigore nel nostro ordinamento che trovo inquietante, ed al quale spesso gli avvocati difensori si appellano. Se non ricordo male, infatti, chi agisce sotto l’effetto di stupefacenti ha una scusante in base alla “momentanea incapacità di intendere e di volere”. Penso che non si debba avere una scusante, ma casomai un’aggravante. Ed  in casi di questo genere, se non un’aggravante per  avere assunto droghe, certamente non ci possono essere scusanti. Recentemente le pene contro il femminicidio, lo stalking, e contro la violenza sulle donne in genere, sono state inasprite proprio per arginare e regolamentare meglio tali  fenomeni che ultimamente hanno raggiunto un grado di problematica sociale. Purtroppo tali modifiche non bastano ad impedire  a chi ha per indole, educazione, patologia, o inciviltà, la naturalezza nel compiere tali gesti. Quindi i fattori sui quali agire devono essere anche altri. Tra questi vi è l’istruzione, e l’educazione del cittadino come individuo sociale. Parlare sistematicamente di questi argomenti nelle scuole potrebbe essere utile a modificare in parte una mentalità maschilista ed una educazione sbagliata, e a sensibilizzare i ragazzi e le ragazze su tale problematica.  Perché una donna rimane insieme ad un uomo anche quando quest’ultimo è un tipo aggressivo? Istinto materno? Evidentemente, prima di diventare un mostro, quest’uomo è un mansueto agnellino. Ma delle avvisaglie di un comportamento aggressivo non possono non esserci. Bisogna quindi fare una ulteriore riflessione: probabilmente le avvisaglie non vengono riconosciute. Insomma non si ha la capacità di decifrare i campanelli d’allarme espressi in alcuni atteggiamenti di tali soggetti. Quindi, oltre a educare l’uomo a non offendere la donna, bisogna educare la donna a difendersi dall’uomo. Questo è un concetto che credo sia molto importante, e che dovrebbe essere inserito anche esso all’interno di un programma scolastico di educazione sentimentale (vedi mia PROPOSTA DI RIFORMA SCOLASTICA di luglio 2013). Inoltre non è possibile che non ci siano dei trascorsi di atteggiamenti aggressivi, come denuncie da parte di una precedente compagna. Non sono mancati casi di reiterazione di tale modalità, anche omicida, da parte di uomini che avevano già subito una condanna. Forse si potrebbe ipotizzare in futuro anche un banca dati di uomini protestati per violenza sulle donne e stalking, consultabile dalle neo fidanzate. Ma prima di questo rimane importante sapere decifrare i comportamenti psicologici aggressivi latenti. Le avvisaglie non si possono ignorare, ed una donna non dovrebbe mai permettere al proprio uomo di darle nemmeno uno schiaffo (e viceversa ovviamente). Oppure si ha la convinzione che un uomo si può permettere di alzare le mani sulla propria donna? Questa nel caso sarebbe una convinzione femminile errata. O per amore si deve perdonare tutto, anche le violenze fisiche? La risposta a tale domanda è scontata (no comment!). Talvolta, per bisogno di amore, o per paura di modificare la propria vita, la donna continua a subire una situazione pesante. Molte associazioni a tutela delle donne spronano invece a reagire subito alla prima violenza. Purtroppo, tali uomini, nel momento in cui si sentono lasciati, o rifiutati, diventano ancora più aggressivi. In quel momento si innesca spesso anche una modalità di persecuzione stalking, e violenza, talvolta premeditata. Perché non imporre allora delle sedute di supporto psicologico agli individui che vengono denunciati per violenza o per stalking dalla propria compagna? Probabilmente perché lo Stato sociale che abbiamo non si può permettere di sostenere economicamente una cosa tanto civile e preventiva.  Così facendo però uno Stato viene meno ad un’altra delle sue funzioni. Anche a questa mancanza bisognerebbe porre rimedio. Le violenze fisiche sono senza dubbio cruente, ma vi sono anche altre violenza da eliminare, quelle psicologiche, come il mobbing domestico e le vessazioni della personalità. Al riguardo vi è anche la complicità e la debolezza della donna che subisce. Una maggiore tutela della donna, oltre alle modifiche già pensate, nel periodo post denuncia, potrebbe essere di aiuto. E dato che si tratta di crimini, e le forze dell’ordine fanno ciò che possono ma sono su tutti i fronti sotto organico, aumentare l’organico di queste ultime e la disponibilità dei mezzi , e risolvere almeno in parte i vari problemi che le forze che devono garantire la sicurezza nella nostra società hanno, migliorerebbe la possibilità di controllo e prevenzione su tutti i crimini, femminicidio e violenza sulle donne comprese. In conclusione vorrei fare una ulteriore considerazione: le malattie comportamentali che si esprimono all’interno della società, come nel caso di tale fenomeno specifico (ma vale per molte altre problematiche)  vanno combattute su più fronti. Non bisogna scordare che la società è come un corpo vivente, e come tale esprime i suoi sintomi. E trattandosi di un corpo complesso, per  migliorare le problematiche  da affrontare spesso bisogna coinvolgere tutti gli apparati della società (leggi, educazione, repressione sicurezza e controllo, sanità).

Angela Pensword 06/02/2014   

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