La sanità ha certamente degli sprechi che si possono correggere con un maggiore controllo ed una diversa regolamentazione, ma non con dei tagli Uno Stato non dovrebbe mai tagliare la sanità, anzi dovrebbe spingere per ottimizzare al massimo la prestazione dei servizi e garantire la possibilità di cura ai propri cittadini. Da qualche anno invece assistiamo alla chiusura di strutture ospedaliere, sia nelle grandi città che nell’entroterra di campagna. L’accorpamento di strutture ospedaliere in grandi strutture non è un qualcosa che si può fare eliminando le piccole strutture dislocate sul territorio. Questo è un procedimento che non si potrebbe fare anche per qualunque altro servizio che ha un contatto diretto con la popolazione e con il territorio. Riguardo la salute dei cittadini vi è anche un importante fattore imponderabile, che può colpire chiunque: il fattore urgenza. Faccio l’esempio di una situazione dove le due strutture ospedaliere locali, anche se piccole, sono state ridotte in previsione di una loro completa dismissione o di un loro duraturo incompleto servizio sanitario al cittadino. Si tratta di un ospedale che serviva più di un piccolo paese di campagna, quindi tanti paesi satelliti ad un centro più grosso. Tale ospedale è stato ridotto nelle sue funzionalità, come è stato ridotto anche quello del centro successivo. Attualmente se un contadino, un turista, una qualunque persona si sente male o subisce un incidente, in base alla gravità della situazione o per avere una assistenza completa deve essere trasportato alla struttura ospedaliera completa più vicina, che in questo caso si trova oltre 60 kilometri di distanza (sperando che arrivi vivo). La cosa assurda è che la maternità non è presente in tale ospedale ma in quello ancora più distante. E questo è solo un esempio. Con i futuri tagli alla sanità potremmo andare incontro a problemi ben peggiori. Per il rapporto che esiste tra logistica, salute (urgenza), spazio (distanza) e tempo, è importante che il servizio di cura e di pronto soccorso sia dislocato uniformemente e capillarmente sul territorio. Noi stiamo andando nella direzione opposta.
Nelle città il problema non è diverso. La popolazione aumenta e gli ospedali diminuiscono, i pronto soccorsi ed i posti letto sono congestionati, ed anche i medici non possono lavorare nelle migliori condizioni. Nelle città sarebbe importante e civile anche mantenere quelle rare e piccole strutture sanitarie che si occupano di determinate realtà sociali che non avrebbero altra possibilità di cura, perché veramente poveri o perché clandestini. Esse sono dislocate nei sobborghi della periferia, nel territorio delle città. Ma con i tagli alla sanità, e per i soldi che già mancano al riguardo, queste strutture quasi certamente verranno chiuse. Penso che bisogna tagliare ciò che non funziona e non ciò che funziona. Voglio ribadire il fatto che sia ottimizzare e sia tagliare gli sprechi non corrispondono a tagliare il servizio.
È già diverso tempo che strutture sanitarie sono a corto di soldi. Una prima domanda: ma come si fa a pretendere il taglio di un servizio nazionale come la sanità quando ancora a livello politico non sono avvenuti quei tagli agli sprechi della politica, a cominciare dalla drastica riduzione sovvenzionamento pubblico ai partiti, e all’equiparare gli stipendi dei nostri politici italiani con quelli dei politici europei? Prima di toccare il servizio sanitario dei cittadini, che è una pubblica utilità, sarebbe più etico toccare gli eccessivi privilegi e gli eccessivi costi della politica (la quale troppo spesso si è tramutata in una pubblica inutilità od in una cattiva gestione). Senza prima avere effettuato tutti (e dico tutti) i necessari e giusti tagli agli sprechi della politica, non si dovrebbe parlare di tagli alla sanità. Una riforma sulla sanità ci vorrà pure, ma per migliorarla e non per tagliarla al solo scopo di fare cassa per risanare il bilancio!
La sanità è un diritto, ed è un diritto che molto spesso fa la differenza tra la vita e la morte. Inoltre si dice ormai da tempo che la prevenzione contro le malattie corrisponde, oltre ad una forma di civiltà sociale, anche ad un notevole risparmio economico futuro dello Stato. Infatti si dice che costa molto meno prevenire che curare successivamente.
La sanità è un servizio sociale importante in un Paese che si voglia definire civile. Di conseguenza gli ospedali andrebbero aumentati come andrebbero aumentate le strutture ospedaliere specialistiche. Una seconda domanda: si parla tanto di beni immobili dello Stato inutilizzati (che ora si vorrebbero svendere per fare cassa), perché non utilizzare tali strutture, ristrutturarle a fini sanitari ospedalieri o specialistici statali, e metterle ad utilizzo dei cittadini?. Non sarebbe questa un buona gestione dei beni sociali e della società? Bisogna valutare però sia la struttura e sia la logistica. Infatti talvolta è più conveniente costruire del nuovo che ristrutturare del vecchio. L’importante, nuovo o ristrutturato che sia, è che il servizio sanitario di cura e prevenzione ai cittadini venga garantito, e per ottenere questo esso va aumentato e maggiormente dislocato sul territorio, e non tagliato.
A Pensword 05/05/2012
Equità parola usata a sproposito
RispondiElimina(il Popolo ) solo in caso di crisi la sua sudditanza gli viene ricordata
chiamandolo ha pagare
danni fatti da mal Governi - Lobby - Banche - Azionisti - e Partiti famelici.
Il debito per equità tenuto conto che non è dovuto al Popolo
andrebbe suddiviso nella stessa percentuale che inciderà sul reddito dei lavoratori
in base ha quello che i media divulgano
la crisi avrà un costo per i prossimi 3 anni di circa euro 6000,00 ha lavoratore
pari al 10% annuo sul un reddito di euro 20.000,00
L’ operaio già prima della crisi non arrivava a fine mese
Per tanto confido che x equità
dà tutto ciò che produce ricchezza ognuno paghi il 10%
compreso Politici- Aziende - Banche - Possessori titoli di borsa ecc ecc
solo allora potranno (in minima parte ) usare la Parola Equità. VITTORIO