L’Europa è un’entità politica ed economica molto importante, soprattutto in questo periodo storico, e deve essere un punto di forza per l’Europa stessa e per i Paesi che la compongono. Ma da cosa deriva l’eventuale debolezza? Dai singoli Stati? Da alcune regole europee? Da speculazioni bancarie e finanziarie internazionali? Dal resto del Mondo? Od in percentuali diverse da tutte queste cause? Evolversi vuole dire considerare cose che prima non si consideravano, od interpretare in modo corretto intuizioni fraintese, vedere cose che prima non si vedevano o che non si volevano vedere, o che semplicemente non erano presenti. Del resto la realtà cambia nel tempo, e l’evoluzione segue la realtà.
L’Europa è migliorabile. Come ogni prima versione di un nuovo modello di automobile è soggetto a successive versioni migliorative, così anche l’Europa e le sue regole, come sta iniziando ad accadere nel campo antispeculativo con lo scudo anti-spread. L’unico modo per migliorare è l’autocritica (vale per l’essere umano come per l’Europa) quindi rendersi conto dei propri errori e limiti, e di modificare comportamenti ed impostazioni dove necessario.
Di cose da migliorare all’interno dei singoli Stati ed a livello di impostazioni europee ve ne sono. Ma questo costituisce, facendo le opportune modifiche e superando con buon senso le onde di difficoltà per rimanere a galla a livello europeo, l’evoluzione ed il miglioramento della Europa stessa. La stasi corrisponde alla morte, mentre l’ evoluzione corrisponde all’avanzamento (al contrario dell’involuzione). Se noi Stati europei sciogliessimo l’Europa saremmo come tante pecore in un unico prato senza formare un gregge, e quindi più vulnerabili. Certo, un lupo può far fuori anche un intero gregge di pecore, e questo vale anche per l’Europa, se cagionevole di salute. Bisogna sempre domandarsi il perché delle cose, degli avvenimenti, dei problemi, delle situazioni, per capire dove sono i propri errori e dove quelli della realtà circostante, e per trovare quindi le giuste soluzioni.
Penso che dovrebbe esserci (certamente almeno in Italia) più nazionalismo, e che esso non è in antitesi all’unione europea. Questo lo dicono anche i padri fondatori dell’Europa quando immaginano (e non mi riferisco ai specifici trattati) l’Europa come un luogo nel quale ogni Paese non prevarica sull’altro ma dove ogni Paese si esprime nella sua forza e capacità, in un mercato unico e con obiettivi comuni, ed in dialogo. Quando un Paese non sviluppa con le giuste strategie le sue potenzialità fa il proprio male, ma anche quello dell’Europa. Tanti Stati forti formano un’Europa più forte. Questo è anche il concetto del pareggio (o quasi) di bilancio, in quanto esso dovrebbe esprimere una giusta gestione del Paese. Oggi ci troviamo in Italia nelle condizioni di dovere garantire un buon bilancio dopo anni di cattiva gestione e di zero strategie, quindi vi è uno squilibrio economico, amplificato dalla crisi. Inoltre occorre anche il giusto tempo per recuperare il tempo perduto, non solo come pareggio di bilancio, ma come impostazione di strategie. Ma questo è una competenza italiana. Per quanto riguarda l’Europa, se bisogna rispettare il singolo Stato, e quindi giustamente la sua produttività, ecco che le quote di produzione prestabilite a livello europeo sono in antitesi con questo concetto. Penso che le quote di produzione prestabilite sono antieconomiche, e quindi anche antieuropee, perché costringono entro determinati margini la potenzialità dei vari Paesi. Ho sempre pensato che le quote andrebbero abolite del tutto proprio perché sono un vincolo antieconomico.
Quindi l’individualismo dei Paesi andrebbe rispettato per ciò che concerne la produttività. Al riguardo alla base vi sono le giuste strategie energetiche agricole e di riflesso economiche (mancate in Italia). Ogni Paese europeo è responsabile delle proprie strategie e dei propri fallimenti. Ogni Paese dovrebbe puntare a evolvere, potenziare e sviluppare le sue doti, qualità, e produttività, nel rispetto di determinati valori universali (ecosistema ed equilibrio), ed in quanto tali per buon senso comuni. Sarebbe bello se l’Europa avesse un’impostazione comune sulla produzione dell’energia elettrica basata esclusivamente sulle energie ecologiche e rinnovabili (anche obbligatoriamente) e se con questo ogni Paese fosse il più possibile autosufficiente energeticamente. Questo fatto nell’individualismo (dove ognuno in realtà non pesa sull’altro ma dove comunque chi ha di più aiuta chi ha di meno se si è comportato saggiamente) renderebbe più forte l’Europa stessa, perché essa nel suo insieme non dipenderebbe più in nessun modo da Paesi extraeuropei e non sarebbe ricattabile su dei fronti. Perseguire una impostazione energetica comune su base ecologica ed autosufficiente necessita comunque di molto tempo, ma potrebbe essere un obiettivo comune dell’Europa nell’immediato futuro.
Angela Pensword 09/07/2012
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