Le persone sono arrabbiate con
la classe politica (almeno chi si rende conto) perché si rendono conto di tutte
le cose che andavano fatte e che non sono state fatte, di tutte le cose che
sono state fatte e che non andavano fatte, di tutti i soldi che sono stati
perduti nel peculato o nelle sovvenzioni per opere mai finite o mai iniziate, per i raccomandati inetti figli di papà o
affiliati di padrini, per i servizi che non sono cresciuti di qualità come
avrebbero dovuto, per le utenze che crescono, per la crisi economica che ci ha
colti impreparati, per i settori che sono peggiorati nel tempo come l’agricoltura
senza un opera di tutela e sviluppo del settore che oggi sta peggio di anni fa,
per il carburante che aumenta da anni, per la tasse che aumentano, e per i
costi della politica che non diminuiscono. Per anni, almeno quaranta, di
politica bloccata nei propri scontri e nei propri interessi, priva di una
visione lungimirante. (Sono state fatte anche delle cose buone).
Ma c’è anche una parte della popolazione che, pur
essendo arrabbiata con il politico in genere, non si rende conto di dove essa
stessa abbia sbagliato nella propria
semplice e normale vita, magari in modo scorretto nel lavoro, in modo criminale
verso il proprio simile. Basterebbe comportarsi in modo semplice e corretto, senza
essere nemmeno troppo ligi, senza strafare
del bene, ma certamente senza fare del male. Ma chi si comporta in modo
scorretto o non se ne accorge o gli sta bene così, quindi non ha alcun
interesse od alcuna voglia di cambiare. E questo vale anche per gli uomini politici i quali sono, bisogna
ricordarlo, persone comuni finite in un posto di potere.
L’uomo
politico è l’uomo comune con le sue debolezze e vulnerabilità, con
gli stessi sogni, con le stesse positività e negatività. In ognuno queste cose
si esprimono chi più l’una e chi più l’altra. È per questo che sono importanti
le regole, e regole maggiori di trasparenza e di gestione di quelle che ci sono
attualmente nel controllo e nell’utilizzo dei soldi pubblici e di partito. Ovvio
che in una vasca di piranha non possa campare a lungo un pesce innocuo, e si ha
poi il predominio di una specie su di un’altra. E questo capita anche nella
vasca politica, dove spesso vince il più forte, il più scaltro ed il più appoggiato,
dove spesso c’è la possibilità di mangiare e dove si cerca di mantenere l’habitat
favorevole, e dove i posti di potere sono legati ad altri posti di potere di
altri settore. Bisogna ricordare che potere cerca altro potere per avere
ancora più potere. E qui si apre un altro discorso, quello della connivenza
malsana tra politica, economia, e gli altri settori.
Nel nostro sistema è la politica che infila i suoi tentacoli,
come una piovra, nei posti di potere delle grandi società ed aziende pubbliche
e private. Anche se non è una norma scritta è una prassi, un uso e
costume della nostra società. I posti dirigenziali sono più posti politici che seguono il cambio di cordata che posti
indipendenti dalle vicende e dagli avvicendamenti politici. Questo non vuole
dire necessariamente che si tratta di persone non qualificate, ma testimonia
una connivenza tra politica e finanza,
come nel caso degli istituti bancari, e
tra politica ed economia, come nel caso delle aziende a partecipazione statale
e in parte anche nelle grandi società private, che non dovrebbe comunque
esistere. Anche se le decisioni economiche ed aziendali vengono prese dai
dirigenti aziendali seppure politicizzati, e non da dirigenti politici, che
certamente non sanno tutto ciò che capita in una azienda, è comunque una
interferenza, uno straripare in un settore che non compete. E ciò dovrebbe
cambiare. La politica dovrebbe rimanere
circoscritta nel proprio settore e nella propria funzione. Cioè analizzare
i problemi, proporre soluzioni, pensare al futuro della Nazione, impostare la
società, garantire i servizi ossia garantire la sicurezza la sanità e l’istruzione,
migliorare il tessuto della società. Qualche politico potrebbe dire che prima
di fare questo servono i voti. Ma basterebbe
volere fare questo per avere i voti. Mentre spesso si crea un legame di
interesse anche tra elettore ed eletto. Se c’è chi compra è perché qualcuno
vende e se c’è chi vende è perché c’è qualcuno
che compra.
Insomma, per migliorare la politica, bisogna prima migliorare l’uomo comune.
Oltre ovviamente a migliorare norme di gestione già esistenti. Ma come si fa a
migliorare la società? Questo è un discorso un po’ lungo che si merita di
essere approfondito. Posso solo anticipare che l’istruzione scolastica e gli input
sociali, pubblicità compresa, possono fare molto. Una società dove i servizi
funzionano, e dove la giustizia e le leggi vengono rispettate, può dare un’impostazione
più regolare, e fare il resto. Ma non è tutto.
Angela Pensword 29/01/2013
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