martedì 29 gennaio 2013

Riflessioni: tanto per considerare un po’ …


Le persone sono arrabbiate con la classe politica (almeno chi si rende conto) perché si rendono conto di tutte le cose che andavano fatte e che non sono state fatte, di tutte le cose che sono state fatte e che non andavano fatte, di tutti i soldi che sono stati perduti nel peculato o nelle sovvenzioni per opere mai finite o mai iniziate, per  i raccomandati inetti figli di papà o affiliati di padrini, per i servizi che non sono cresciuti di qualità come avrebbero dovuto, per le utenze che crescono, per la crisi economica che ci ha colti impreparati, per i settori che sono peggiorati nel tempo come l’agricoltura senza un opera di tutela e sviluppo del settore che oggi sta peggio di anni fa, per il carburante che aumenta da anni, per la tasse che aumentano, e per i costi della politica che non diminuiscono. Per anni, almeno quaranta, di politica bloccata nei propri scontri e nei propri interessi, priva di una visione lungimirante. (Sono state fatte anche delle cose buone).    

Ma c’è anche una parte della popolazione che, pur essendo arrabbiata con il politico in genere, non si rende conto di dove essa stessa abbia sbagliato  nella propria semplice e normale vita, magari in modo scorretto nel lavoro, in modo criminale verso il proprio simile. Basterebbe comportarsi in modo semplice e corretto, senza essere nemmeno troppo ligi, senza strafare  del bene, ma certamente senza fare del male. Ma chi si comporta in modo scorretto o non se ne accorge o gli sta bene così, quindi non ha alcun interesse od alcuna voglia di cambiare. E questo vale anche per  gli uomini politici i quali sono, bisogna ricordarlo, persone comuni finite in un posto di potere.

L’uomo politico è l’uomo comune con le sue debolezze e vulnerabilità, con gli stessi sogni, con le stesse positività e negatività. In ognuno queste cose si esprimono chi più l’una e chi più l’altra. È per questo che sono importanti le regole, e regole maggiori di trasparenza e di gestione di quelle che ci sono attualmente nel controllo e nell’utilizzo dei soldi pubblici e di partito. Ovvio che in una vasca di piranha non possa campare a lungo un pesce innocuo, e si ha poi il predominio di una specie su di un’altra. E questo capita anche nella vasca politica, dove spesso vince il più forte, il più scaltro ed il più appoggiato, dove spesso c’è la possibilità di mangiare e dove si cerca di mantenere l’habitat favorevole, e dove i posti di potere sono legati ad altri posti di potere di altri settore. Bisogna ricordare che potere cerca altro potere per avere ancora più potere. E qui si apre un altro discorso, quello della connivenza malsana tra politica, economia, e gli altri settori.

Nel nostro sistema  è la politica che infila i suoi tentacoli, come una piovra, nei posti di potere delle grandi società ed aziende pubbliche e private. Anche se non è una norma scritta è una prassi, un uso e costume della nostra società. I posti dirigenziali sono più posti politici  che seguono il cambio di cordata che posti indipendenti dalle vicende e dagli avvicendamenti politici. Questo non vuole dire necessariamente che si tratta di persone non qualificate, ma testimonia una connivenza tra politica e  finanza, come nel caso degli istituti bancari,  e tra politica ed economia, come nel caso delle aziende a partecipazione statale e in parte anche nelle grandi società private, che non dovrebbe comunque esistere. Anche se le decisioni economiche ed aziendali vengono prese dai dirigenti aziendali seppure politicizzati, e non da dirigenti politici, che certamente non sanno tutto ciò che capita in una azienda, è comunque una interferenza, uno straripare in un settore che non compete. E ciò dovrebbe cambiare. La politica dovrebbe rimanere circoscritta nel proprio settore e nella propria funzione. Cioè analizzare i problemi, proporre soluzioni, pensare al futuro della Nazione, impostare la società, garantire i servizi ossia garantire la sicurezza la sanità e l’istruzione, migliorare il tessuto della società. Qualche politico potrebbe dire che prima di fare questo servono i voti. Ma  basterebbe volere fare questo per avere i voti. Mentre spesso si crea un legame di interesse anche tra elettore ed eletto. Se c’è chi compra è perché qualcuno vende  e se c’è chi vende è perché c’è qualcuno che compra.

Insomma, per migliorare la politica, bisogna prima migliorare l’uomo comune. Oltre ovviamente a migliorare norme di gestione già esistenti. Ma come si fa a migliorare la società? Questo è un discorso un po’ lungo che si merita di essere approfondito. Posso solo anticipare che l’istruzione scolastica e gli input sociali, pubblicità compresa, possono fare molto. Una società dove i servizi funzionano, e dove la giustizia e le leggi vengono rispettate, può dare un’impostazione più regolare, e fare il resto. Ma non è tutto.

Angela Pensword 29/01/2013

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