mercoledì 5 giugno 2013

SECONDO ANNIVERSARIO DEL REFERENDUM PER LA GESTIONE DELL’ACQUA PUBBLICA

Due anni fa, il 12 ed il 13 giugno 2011, si è svolto il referendum attraverso il quale la popolazione ha scelto di tutelare la gestione pubblica dell’acqua. L’acqua ha un valore pubblico importantissimo. È un bene primario. Primario vuole dire che senza di essa si muore. Per concetto (logica ed etica), nulla che riguarda la rete idrica pubblica dovrebbe avere una gestione privata. Dovrebbe essere lo Stato, o meglio il Comune di riferimento, a gestire la rete idrica pubblica (bene ed in modo trasparente proprio come l’acqua), garantendone la qualità del servizio ed il prezzo contenuto. La gestione dell’acqua attraverso società di capitale pubblico era una cosa scontata fino al decreto legge 112 del 25 giugno 2008 “Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, ecc.” art. 23 bis riguardante la privatizzazione dei servizi pubblici di rilevanza economica, convertito in legge 133 il 06/08/2008. Lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, sono obiettivi e metodi  importanti e validi all’interno di una Nazione e della propria economia, ma non dovrebbero mettere in discussione la gestione pubblica dei beni comuni. La gestione pubblica statale serve a preservare i beni comuni dalle aride logiche di mercato e dalle speculazioni, tutelando in questo modo i cittadini.
Nonostante il pronunciamento popolare si sia espresso in modo contrario alla gestione privata dell’acqua la questione sulla gestione dell’acqua non è stata accantonata.  Vi sono questioni che creano attrito. Tra esse vi è la controversia sul Metodo Tariffario Transitorio  per il servizio idrico (MTT) approvato dall’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas (AEEG). In base al alcune interpretazioni pare che nella tariffa sia stato reintrodotto sotto mentite spoglie l’adeguamento per il capitale investito, abolito in sede referendaria. Tale interpretazione ha portato nei mesi scorsi diverse associazioni ed enti locali ad intraprendere ricorso presso il TAR, ed alcuni cittadini ad autoridursi la bolletta seguendo la campagna “obbedienza civile”. AEEG è di diverso parere e difende il MTT.  Tale diatriba è una questione ancora non risolta.
La visione italiana ed europea sulla gestione dell'acqua e dei beni comuni volge in futuro verso la privatizzazione. Bisogna riflettere sul fatto che l’acqua, oltre ad essere un bene primario di consumo, è anche un bene prezioso per l’umanità che va tutelato, soggetto nei prossimi anni ad una probabile scarsità con l’aumento demografico. Bisognerebbe quindi valutare quanto sia opportuno spingere il mondo verso una gestione privata dell’acqua invece di pensare ad una gestione che ne calmieri i prezzi.
In uno Stato i beni comuni di interesse pubblico dovrebbero essere statali e gestiti bene. Le due cose (statali e gestiti bene) non sono scindibili. Troppo spesso in passato, le amministrazioni pubbliche o statali sono diventate dei carrozzoni incompetenti, frutto di favoritismi politici e scambi di voto, con il risultato di uno squilibrio non solo interno ma anche nella gestione del settore. La mala gestione di un settore porta alla sua implosione. Il privato d’altro canto tende solo al massimo lucro, a scapito di altri valori. Si va dunque da un eccesso all’altro. Ma non è solo questo il problema. Il fatto è che quando uno Stato cede la gestione di un’attività alla quale è esso stesso demandato dai cittadini, viene meno ad una delle sue funzioni. Uno Stato infatti, tra le altre cose, ha la funzione di tutelare i diritti e di garantire i servizi. Servizi come la sanità, l’istruzione, i trasporti, ecc. Servizi intesi anche come la tutela e la gestione dei beni comuni. Quando lo Stato cede a terzi la gestione di un bene comune ammette intrinsecamente di non essere capace di occuparsene in prima persona.  

Angela Pensword 04/06/2013 

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