Due anni fa, il 12 ed il 13
giugno 2011, si è svolto il referendum attraverso il quale la popolazione ha
scelto di tutelare la gestione pubblica dell’acqua. L’acqua ha un valore pubblico importantissimo. È un bene primario.
Primario vuole dire che senza di essa si muore. Per concetto (logica ed
etica), nulla che riguarda la rete idrica pubblica dovrebbe avere una gestione
privata. Dovrebbe essere lo Stato, o meglio il Comune di riferimento, a
gestire la rete idrica pubblica (bene ed in modo trasparente proprio come
l’acqua), garantendone la qualità del servizio ed il prezzo contenuto. La
gestione dell’acqua attraverso società di capitale pubblico era una cosa
scontata fino al decreto legge 112 del 25 giugno 2008 “Disposizioni urgenti per
lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, ecc.” art. 23 bis
riguardante la privatizzazione dei servizi pubblici di rilevanza economica,
convertito in legge 133 il 06/08/2008. Lo sviluppo economico, la
semplificazione, la competitività, sono obiettivi e metodi importanti e validi all’interno di una
Nazione e della propria economia, ma non dovrebbero mettere in discussione la
gestione pubblica dei beni comuni. La gestione pubblica statale serve a
preservare i beni comuni dalle aride logiche di mercato e dalle speculazioni,
tutelando in questo modo i cittadini.
Nonostante il pronunciamento
popolare si sia espresso in modo contrario alla gestione privata dell’acqua la
questione sulla gestione dell’acqua non è stata accantonata. Vi sono questioni che creano attrito. Tra
esse vi è la controversia sul Metodo Tariffario Transitorio per il servizio idrico (MTT) approvato
dall’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas (AEEG). In base al alcune
interpretazioni pare che nella tariffa sia stato reintrodotto sotto mentite spoglie
l’adeguamento per il capitale investito, abolito in sede referendaria. Tale
interpretazione ha portato nei mesi scorsi diverse associazioni ed enti locali
ad intraprendere ricorso presso il TAR, ed alcuni cittadini ad autoridursi la
bolletta seguendo la campagna “obbedienza civile”. AEEG è di diverso parere e
difende il MTT. Tale diatriba è una questione ancora non risolta.
La visione italiana ed europea sulla gestione dell'acqua e dei beni comuni volge in futuro verso la privatizzazione. Bisogna riflettere sul fatto
che l’acqua, oltre ad essere un bene primario di consumo, è anche un bene
prezioso per l’umanità che va tutelato, soggetto nei prossimi anni ad una
probabile scarsità con l’aumento demografico. Bisognerebbe quindi valutare
quanto sia opportuno spingere il mondo verso una gestione privata dell’acqua
invece di pensare ad una gestione che ne calmieri i prezzi.
In uno Stato i beni comuni di
interesse pubblico dovrebbero essere statali
e gestiti bene. Le due cose
(statali e gestiti bene) non sono scindibili. Troppo spesso in passato, le
amministrazioni pubbliche o statali sono diventate dei carrozzoni incompetenti,
frutto di favoritismi politici e scambi di voto, con il risultato di uno
squilibrio non solo interno ma anche nella gestione del settore. La mala
gestione di un settore porta alla sua implosione. Il privato d’altro canto
tende solo al massimo lucro, a scapito di altri valori. Si va dunque da un
eccesso all’altro. Ma non è solo questo il problema. Il fatto è che quando
uno Stato cede la gestione di un’attività alla quale è esso stesso demandato
dai cittadini, viene meno ad una delle sue funzioni. Uno Stato infatti, tra
le altre cose, ha la funzione di tutelare i diritti e di garantire i servizi. Servizi
come la sanità, l’istruzione, i trasporti, ecc. Servizi intesi anche come la
tutela e la gestione dei beni comuni. Quando lo Stato cede a terzi la
gestione di un bene comune ammette intrinsecamente di non essere capace di
occuparsene in prima persona.
Angela Pensword 04/06/2013
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