Fino a pochi giorni fa eravamo
preoccupati per l’Egitto (e lo siamo tuttora), ma ora ciò che tiene il mondo
con il fiato sospeso è la esplosiva situazione siriana. Gli ispettori ONU
recatisi in Siria hanno accertato l’utilizzo di armi chimiche nell’attacco
contro la popolazione siriana avvenuto il 21 agosto 2013. Quindi l’utilizzo di
armi chimiche è un dato di fatto che nessuno può smentire. Meno certa può
essere però la mano che ha utilizzato tali armi. Per logica e ruolo dovrebbe
essere stato il regime di Assad, essendo l’attacco avvenuto contro la
popolazione siriana. Per di più, come affermato dalle potenze che sono convinte
di questo fatto, solo il regime di Assad
aveva la forza bellica di tali armi. Ma Assad nega il coinvolgimento in
tale azione. Assad accusa le potenze occidentali di strumentalizzare la
situazione, ed accusa i ribelli per l’utilizzo delle armi chimiche. In
effetti non si può sapere esattamente chi sia stato. Ma chiunque sia stato
ha fatto un’azione terribile ed ha contravvenuto alle norme internazionali che vietano
l’utilizzo di armi chimiche, Convenzione internazionale che però la Siria non
ha mai sottoscritto. Ma tutta la guerra è terribile. Ora il dilemma si gioca
qua, su come reagire da un punto di vista internazionale.
Il dilemma è anche un altro,
indipendentemente da ciò che è avvenuto il 21 agosto, come affrontare la
situazione siriana che da più di un anno e mezzo vede una guerra civile
martoriare la popolazione. Ma qui si aprono altre domande. Perché intervenire
se in altri luoghi non si interviene? Perché non intervenire se in altri luoghi
e situazioni simili si è intervenuti? È giusto mettere mano in situazioni
interne in altri paesi, ossia farsi gli affari degli altri? Ma se non si
interviene è giusto mettere la testa sotto la sabbia da un punto di vista
umanitario e farsi semplicemente gli affari propri? Non è che intervenendo
spesso si fanno proprio gli affari nostri da un punto di vista di interesse
economico? Non è che intervenendo si fanno anche gli affari nostri tamponando
una situazione che potrebbe degenerare, curando una ferita che può diventare
infetta e mandare in cancrena il corpo arrivando poi anche a noi?
Intervenire per tempo prima
che una situazione degeneri è un concetto valido, che se fosse stato applicato
precedentemente in altre situazioni la storia sarebbe stata diversa. Bisogna
fare però una importante riflessione sulla attuale situazione siriana, che
è a sua volta collegata a quella mediorientale: se da come ha detto Assad in caso di attacco ci sarà una risposta dura
(probabile coinvolgimento mediorientale), e per di più in caso di attacco non
autorizzato dall’Onu la Russia e la Cina daranno supporto al regime di Damasco
(coinvolgimento mondiale su opposti fronti), non è che intervenendo si dà
proprio l’innesco alla degenerazione che si vorrebbe evitare, alla
deflagrazione mondiale? Su questo bisogna riflettere. Perché se si decide di
attaccare, a questo punto bisogna solo sperare che sia una guerra lampo, ossia
che il fulmine colpisca la terra e porti
a termine la guerra prima che l’orecchio senta il tuono!
Angela Pensword 08/09/2013
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