lunedì 17 marzo 2014

LA CRIMEA VIENE ANNESSA ALLA RUSSIA

Il 16 marzo 2014 si è svolto in Crimea il Referendum attraverso il quale la penisola della Crimea poteva decidere se rimanere sotto l’Ucraina o se passare sotto la Russia. Il risultato è stato che il 97% dei votanti ha deciso di passare alla Russia. Gli USA e gli Stati europei non riconoscono la validità di tale referendum, come avevano già anticipato nei giorni scorsi, e vi saranno quindi delle sanzioni nei confronti della Russia. Ciò farà continuare le tensioni internazionali.  Ci sono comunque Paesi europei, tra i quali la Germania e l’Italia, che si rendono conto dell’importanza di mantenere buoni rapporti con la Russia, per motivi energetici e per motivi di esportazione. La speranza quindi è che sia possibile una soluzione diplomatica, il dialogo, nel rispetto del referendum, che smorzi le tensioni. Ma perché l’Ucraina, l’Europa e gli Usa sono così contrari all’annessione della Crimea alla Russia? L’Ucraina non vuole certamente rinunciare ad un territorio che è comunque fonte di ricchezza, tra turismo e risorse. L’UE non vuole certo scontentare da un punto di vista di appoggio politico l’Ucraina, soprattutto in questo delicato periodo di passaggio interno del Paese, Paese con il quale sta per intensificare gli scambi. Bisogna anche vedere quanto tiene l’Europa agli scambi che ha con la Russia che, in teoria ed in pratica, sono più grandi di quelli che si possono avere con l’Ucraina. Gli Usa ne fanno una questione di diversa interpretazione del diritto internazionale, ma certamente ci deve essere anche dell’altro. Ma alla base di questo interesse internazionale sulla vicenda ucraina vi sono più fattori, oltre ai più semplici fattori di immagine e di prestigio. Prima di tutto vi sono una diversa interpretazione dei diritti internazionali, una questione di equilibrio all’interno dello scacchiere mondiale, e una non meno importante motivazione economica ed energetica.
Cosa penso del Referendum? Penso che il Referendum sia legittimo e legittimato. Il risultato quasi plebiscitario rafforza ancora di più la posizione di legalità del Referendum. Inoltre la penisola di Crimea era un territorio con una propria autonomia legislativa dotata di un Parlamento, essendo una Repubblica autonoma. Tale maggiore autonomia rispetto al territorio del quale faceva parte (o fa parte in base alle interpretazioni) dell’Ucraina le danno per logica una maggiore autodeterminazione anche nel potere decidere di indire un referendum come quello del 16 marzo scorso. In più, anche in base all’articolo specifico del diritto internazionale vi è la tutela dell’autodeterminazione dei popoli.
Tale Referendum può servire ad aumentare le tensioni internazionali, ma potrebbe anche servire a risolverle. Difatti le tensioni si sono create dalla crisi politica ucraina, ma prima di quando il Parlamento della Repubblica di Crimea ha approvato il referendum del 16 marzo. La Russia ha da subito giudicato incostituzionale la crisi politica che ha portato alla destituzione di Yanukovich, e da quel momento sono iniziate ad intensificarsi le tensioni internazionali. In realtà non vi è niente di incostituzionalità, o meglio, non è capitato niente di così diverso da quanto capitato recentemente in  altre parti del mondo, Paesi nei quali si è arrivati poi ad un cambio di governo, o di regime. Quindi penso che la Russia non poteva non accettare la scelta del popolo ucraino. E se vale il principio di autodeterminazione dei popoli per la scelta del popolo dell’Ucraina, vale anche per il popolo della penisola di Crimea, scelta effettuata per di più attraverso un referendum, senza spargimento di sangue. In pratica, se venisse riconosciuto da tutti la validità del referendum e l’annessione della penisola di Crimea alla Russia, l’unica nazione ad avere qualche cosa da ridire potrebbe essere l’Ucraina. Ma nemmeno tanto in quanto la nazione dell’Ucraina ha già ottenuto ciò che voleva, la destituzione di Yanukovich, ed a maggio si svolgeranno le nuove elezioni. Quindi, se vi è la volontà generale di risolvere diplomaticamente tale situazione, tale situazione si può risolvere.
Il referendum si è svolto in modo sereno ed in un clima quasi di festa. In diversi seggi sono stati appesi palloncini colorati ed è stata messa la musica come sottofondo. Non vedo come si possa giudicare non valido un referendum, che è di per sé espressione libera e democratica di una volontà popolare, al quale partecipa il 95% della popolazione. Il principio di autodeterminazione dei popoli è una norma del Diritto Internazionale. Una delle finalità della NATO è quella di “sviluppare tra le nazioni relazioni amichevoli fondate sul rispetto e sul principio dell’uguaglianza dei diritti e dell’auto determinazione dei popoli …”. Se si riconoscesse valido il referendum svoltosi in Crimea il 16 marzo scorso gli Stati sarebbero sollevati da un diritto-dovere di intervenire in modo più o meno invasivo, o repressivo con sanzioni economiche, e le tensioni internazionali si smorzerebbero.
È inconcepibile che per la crisi politica interna ad un Paese, e per le relative metastasi di interessi economici e politici degli altri Paesi, si ripiombi indietro a delle tensioni vecchie di cinquanta anni, al periodo della guerra fredda. Ma se ci ricordiamo il futile motivo (è stata solo la miccia di un innesco già pronto però) per il quale è scoppiata la prima guerra mondiale, non c’è da stare allegri.
La gestione delle tensioni internazionali esprime la civiltà di un popolo, ed in questo caso mi riferisco ad un popolo globale. Quanto sono state belle le parole dell’astronauta Parmitano dette durante la sua intervista di qualche giorno fa a chek point su Tgcom24: “vista da lassù la Terra non ha confini”.   


Angela Pensword 17/03/2014 

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