Il 16 marzo 2014 si è svolto in
Crimea il Referendum attraverso il quale la penisola della Crimea poteva
decidere se rimanere sotto l’Ucraina o se passare sotto la Russia. Il risultato
è stato che il 97% dei votanti ha deciso di passare alla Russia. Gli USA e gli
Stati europei non riconoscono la validità di tale referendum, come avevano già
anticipato nei giorni scorsi, e vi saranno quindi delle sanzioni nei confronti
della Russia. Ciò farà continuare le tensioni internazionali. Ci sono comunque Paesi europei, tra i quali
la Germania e l’Italia, che si rendono conto dell’importanza di mantenere buoni
rapporti con la Russia, per motivi energetici e per motivi di esportazione. La
speranza quindi è che sia possibile una soluzione diplomatica, il dialogo, nel
rispetto del referendum, che smorzi le tensioni. Ma perché l’Ucraina, l’Europa
e gli Usa sono così contrari all’annessione della Crimea alla Russia? L’Ucraina non vuole certamente rinunciare
ad un territorio che è comunque fonte di ricchezza, tra turismo e risorse. L’UE non vuole certo scontentare da un
punto di vista di appoggio politico l’Ucraina, soprattutto in questo delicato
periodo di passaggio interno del Paese, Paese con il quale sta per
intensificare gli scambi. Bisogna anche vedere quanto tiene l’Europa agli
scambi che ha con la Russia che, in teoria ed in pratica, sono più grandi di
quelli che si possono avere con l’Ucraina. Gli Usa ne fanno una questione di diversa interpretazione del diritto
internazionale, ma certamente ci deve essere anche dell’altro. Ma alla base di questo
interesse internazionale sulla vicenda ucraina vi sono più fattori, oltre ai
più semplici fattori di immagine e di prestigio. Prima di tutto vi sono una
diversa interpretazione dei diritti internazionali, una questione di equilibrio
all’interno dello scacchiere mondiale, e una non meno importante motivazione
economica ed energetica.
Cosa penso del Referendum? Penso che il Referendum sia legittimo e
legittimato. Il risultato quasi plebiscitario rafforza ancora di più la
posizione di legalità del Referendum. Inoltre la penisola di Crimea era un
territorio con una propria autonomia legislativa dotata di un Parlamento, essendo
una Repubblica autonoma. Tale maggiore autonomia rispetto al territorio del
quale faceva parte (o fa parte in base alle interpretazioni) dell’Ucraina le
danno per logica una maggiore autodeterminazione anche nel potere decidere di
indire un referendum come quello del 16 marzo scorso. In più, anche in base
all’articolo specifico del diritto internazionale vi è la tutela
dell’autodeterminazione dei popoli.
Tale Referendum può servire ad aumentare le tensioni internazionali, ma
potrebbe anche servire a risolverle. Difatti le tensioni si sono create
dalla crisi politica ucraina, ma prima di quando il Parlamento della Repubblica
di Crimea ha approvato il referendum del 16 marzo. La Russia ha da subito
giudicato incostituzionale la crisi politica che ha portato alla destituzione
di Yanukovich, e da quel momento sono iniziate ad intensificarsi le tensioni
internazionali. In realtà non vi è niente di incostituzionalità, o meglio, non
è capitato niente di così diverso da quanto capitato recentemente in altre parti del mondo, Paesi nei quali si è
arrivati poi ad un cambio di governo, o di regime. Quindi penso che la Russia
non poteva non accettare la scelta del popolo ucraino. E se vale il principio
di autodeterminazione dei popoli per la scelta del popolo dell’Ucraina, vale
anche per il popolo della penisola di Crimea, scelta effettuata per di più
attraverso un referendum, senza spargimento di sangue. In pratica, se venisse
riconosciuto da tutti la validità del referendum e l’annessione della penisola
di Crimea alla Russia, l’unica nazione ad avere qualche cosa da ridire potrebbe
essere l’Ucraina. Ma nemmeno tanto in quanto la nazione dell’Ucraina ha già
ottenuto ciò che voleva, la destituzione di Yanukovich, ed a maggio si
svolgeranno le nuove elezioni. Quindi, se vi è la volontà generale di risolvere
diplomaticamente tale situazione, tale situazione si può risolvere.
Il referendum si è svolto in modo
sereno ed in un clima quasi di festa. In diversi seggi sono stati appesi
palloncini colorati ed è stata messa la musica come sottofondo. Non vedo come
si possa giudicare non valido un referendum, che è di per sé espressione libera
e democratica di una volontà popolare, al quale partecipa il 95% della
popolazione. Il principio di autodeterminazione dei popoli è una norma del
Diritto Internazionale. Una delle finalità della NATO è quella di “sviluppare
tra le nazioni relazioni amichevoli fondate sul rispetto e sul principio dell’uguaglianza
dei diritti e dell’auto determinazione dei popoli …”. Se si riconoscesse
valido il referendum svoltosi in Crimea il 16 marzo scorso gli Stati sarebbero
sollevati da un diritto-dovere di intervenire in modo più o meno invasivo, o
repressivo con sanzioni economiche, e le tensioni internazionali si
smorzerebbero.
È inconcepibile che per la crisi politica
interna ad un Paese, e per le relative metastasi di interessi economici e
politici degli altri Paesi, si ripiombi indietro a delle tensioni vecchie di
cinquanta anni, al periodo della guerra fredda. Ma se ci ricordiamo il futile
motivo (è stata solo la miccia di un innesco già pronto però) per il quale è
scoppiata la prima guerra mondiale, non c’è da stare allegri.
La gestione delle tensioni
internazionali esprime la civiltà di un popolo, ed in questo caso mi riferisco
ad un popolo globale. Quanto sono state belle le parole dell’astronauta
Parmitano dette durante la sua intervista di qualche giorno fa a chek point su
Tgcom24: “vista da lassù la Terra non ha confini”.
Angela Pensword 17/03/2014
Nessun commento:
Posta un commento