A seguito del procedere della Legge
elettorale Italicum si è aperto un confronto – scontro interno al PD, che vede
la minoranza in una posizione altamente negativa nei confronti di tale legge, e
per questo decide di non appoggiarla e di votare quindi nell’immediato futuro
in modo contrario ad essa ed alle indicazioni del segretario Premier. Ciò crea,
oltre a tensioni interne al PD, anche problemi per il percorso della Legge ed
al Governo stesso. Quindi Renzi si trova in difficoltà, ma con un balzo come u
canguro (così è stato definito dai molti giornali) salta l’ostacolo e si allea
con Berlusconi e FI siglando “Il Patto del Nazareno”, relativamente
all’approvazione di tale Legge che difatti, viene approvata in Senato, ed ora
passerà alla Camera. In seguito a tale Patto Berlusconi e FI si sentono
(giustamente) di nuovo protagonisti della scena politica. Qualcuno accusa Renzi
di avere resuscitato Berlusconi. Ma tale Patto è riferito solo alla Legge
elettorale, anche se, nel caso la minoranza PD decida di tirarsi fuori dal
Governo, Renzi un Governo con qualcuno lo dovrà pur fare. L’accordo tra
Renzi e Berlusconi, o meglio tra una grande parte del PD ed una grande parte di
FI, non è condannabile. Rappresenta una espressione democratica della politica
nella quale la maggioranza si forma di volta in volta, anche se costituita da
una parte di maggioranza ed una parte di opposizione. Ovviamente la
capriola in aria di Renzi sconcerta la parte di minoranza PD, che ottiene così
il risultato di essere stata messa da parte. Ma ciò che sconcerta la minoranza
del PD, è che con tale salto è di fatto decaduta la possibilità di mettere in
difficoltà Renzi. Sembra strano affermarlo ma a volere mettere in difficoltà il
Governo Renzi è una stessa parte del PD che fa parte del Governo. Diversità di
vedute? Certamente vi sono diversità di vedute nelle posizioni, ma non è
certamente solo questo. Non bisogna scordare che Renzi non è mai stato ben
visto dai capi storici del PD, proprio perché elemento nuovo dotato di una
scopa in mano che parlava di rottamazione. Rottamazione di un certo tipo di
politici ma soprattutto di un certo tipo di fare politica, ingessata d immobile
per anni, schiava dei suoi interessi di parte e personali (male comune a tutti
i partiti). Quindi, il disappunto dei capi storici del Pd e della minoranza PD
è dovuta soprattutto al fatto di avere visto fallire la possibilità di mettere
in difficoltà il proprio segretario nonché Premier di Governo, perché ciò
avrebbe ridato nuovamente un po’ di potere ai vecchi, ed un po’ di potere ad
altri giovani. Coloro ai quali non piaceva Renzi perché non gestibile, stanno
assaporando cosa vuole dire dovere dire sempre si al segretario ed essere
gestiti, (esattamente quello che volevano loro), e non gli piace. Ma il PD è un
partito democratico, nel quale ci può e ci deve essere confronto (e non si
viene epurati per questo), ed avere posizioni anche diverse, che all’interno di
un dialogo possono portare ad una sintesi costruttiva. Bisogna vedere però se
tali posizioni hanno una finalità fondamentalmente costruttiva, od essenzialmente
distruttiva. Ma indipendentemente dalla mossa del canguro di Renzi, si è aperta
una distanza interna nel PD, tanto che qualcuno parla di scissione. Scissione
che non ci sarà, perché non conviene alla minoranza PD, pur se si alleasse con
altre forze di minoranza, mettersi in una condizione marginale di Governo,
invece che avere un ruolo da protagonista all’interno della maggioranza.
Angela Pensword 28 gennaio 2015
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