martedì 20 dicembre 2011

Riforma del Lavoro: art.18 in saldo? No grazie

L’abolizione dell’art.18 senza prendere contemporaneamente iniziative concrete che agevolino delle nuove assunzione e soprattutto senza dei seri controlli nei confronti delle aziende per evitare che si creino delle situazioni di sfruttamento del lavoratore e di prassi dello straordinario è totalmente inutile ed anzi controproducente a livello sociale. Bisogna riflettere sul fatto che senza la tutela dell’art.18 i lavoratori assunti a tempo indeterminato diventano più ricattabili, quindi più soggetti a vessazioni e a straordinari per dimostrarsi disponibili verso l’azienda e mantenere così il proprio posto di lavoro. Questa è una cosa assolutamente da evitare, che inoltre va contro la possibilità di creare nuovi posti di lavoro. Si creerebbe così un disagio sociale maggiore per un aumento del numero di disoccupati, e per una probabile qualità lavorativa peggiore. Che negli altri Paesi europei non vi sia l’art.18 è un dato di fatto che va analizzato. Prima di tutto bisognerebbe vedere oltre a quello che i Paesi europei hanno in meno di noi a livello di tutela del lavoro anche ciò che hanno in più, come tutela e qualità delle condizioni di lavoro. Ma anche senza vedere l’erba del vicino, dobbiamo impostare l’operatività e la legislazione migliore per la vera crescita del nostro Paese, senza andare a scapito dei lavoratori o della qualità di vita lavorativa. Ciò che ci ha portato a questa crisi è stata anche una mentalità economica contemporanea errata, che punta solo al massimo guadagno senza una visuale di benessere sociale a lunga scadenza.

Con l’abolizione dell’art.18 diventeremmo tutti interinali. È per questo che le altre garanzie e i diritti dei lavoratori, frutto di conquiste ed espressioni di civiltà, debbono essere tutelate e mantenute. In caso contrario perderemo anche quelle con una ulteriore caduta della qualità del lavoro. Inoltre abolire l’art.18 senza eliminare le differenze nei diritti tra gli interinali e i dipendenti a tempo indeterminato potrebbe invogliare le aziende a disfarsi dei vecchi dipendenti che costano di più a favore di quelli che hanno meno diritti e che sono più ricattabili. Ecco perché prima di nominare semplicemente l’art.18 bisogna fare altre modifiche a livello lavorativo. Esattamente bisogna eliminare ogni differenza in diritti tra lavoratori interinali e lavoratori a tempo indeterminato in modo da non dare alle aziende la possibilità di scegliere. La volontà di affrontare seriamente la realtà di questo dualismo di lavoratori presente nel nostro mercato del lavoro è stata più volte affermata dal  Monti, e proposte di risoluzione a tale problematica con apertura all’art.18 sono esposte da tempo da Pietro Ichino (vedi anche articolo Riforma del Lavoro ). Se le aziende avranno la possibilità di licenziare a piacimento devono avere anche l’obbligo di assumere immediatamente. Questo è un argomento di contrattazione importante in questa fase. In caso contrario è una riforma che sarà un boomerang negativo. Si potrebbe pensare anche ad una riforma contrattuale massiva dell’orario di lavoro nelle aziende aumentando l’orario giornaliero a 12 ore ma obbligando le aziende ad assumere due part-time a 6 ore (vedi  Proposta di riforma del lavoro ). Sempre al’interno di una riforma del lavoro bisognerebbe riflettere sulla necessità di dovere mettere un tetto massimo di decenza alle buone uscite degli amministratori delegati e dei dirigenti delle società sia pubbliche che private i quali prendono talvolta delle cifre stratosferiche che hanno il sapore di un insulto anche senza il condimento della crisi. Del resto sono lavoratori anche essi, e quindi possono essere riformati anche loro all’interno di una seria proposta di riforma del lavoro, e questo va certamente fatto. La paventata abolizione dell’art18 all’interno dell’ordinamento della tutela del Lavoratore preoccupa molto i lavoratori ed i sindacati. La Sig,ra  Camusso della CGIL fa notare giustamente come il traguardo dell’art.18 sia una conquista di civiltà. I sindacati si pongono legittimamente la domanda su come sia possibile che per aumentare la crescita economica di un Paese e le assunzioni si debbano facilitare i licenziamenti. La CONFINDUSTRIA vede positivamente questo progetto di riforma, e si apre ad ipotesi di revisione sulle forme di assunzione, di assicurazione dalla disoccupazione e di ricollocamento delle persone (vedi articolo su Il Foglio del 20/12/11 di M. Arnese). Il Governo si trova nella necessità di fare una riforma del lavoro che dia delle risposte, a livello europeo e per il bene della nostra crescita interna nazionale. Il Ministro Elsa Fornero sembra una persona capace di rendersi conto delle diverse problematiche oltre che della gravità della situazione economica, e disponibile al dialogo. Ora è indispensabile un vero confronto tra il Governo, i sindacati e la CONFINDUSTRIA,  per trovare insieme in una visuale sinergica delle problematiche la soluzione migliore di attuazione della Riforma del lavoro. La tutela del licenziamento solo per giusta causa non dovrebbe mai essere messa in discussine. E se per caso tale discussione è inevitabile non si può fare una concessione del genere alle aziende senza chiedere niente in cambio. Questo è il momento di trattare e di concedere solo se vi è un grande guadagno su altri fronti del lavoro. Svendere l’art.18 (che in verità non andrebbe mai abolito) come un saldo renderebbe la manovra iniqua, controproducente, limitata e monca! 

1 commento:

  1. Davvero una prospettiva agghiacciante quella di diventare tutti degli interinali. Sembra quasi che, come giustamente hai detto tu, i nostri governanti non vogliano assolutamente capire che è proprio questo tipo di mentalità che ha portato l'economia mondiale al tracollo. Sono perfettamente in linea con te quando dici che l'art. 18 non andrebbe mai abolito perché non è la soluzione e perché renderebbe la manovra davvero controproducente e iniqua.

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