Una buona strategia politica nazionale si basa su due priorità fondamentali:
1) autonomia ed indipendenza alimentare
2) autonomia ed indipendenza energetica.
L’autonomia alimentare garantisce il sostentamento della popolazione e la possibilità di non dipendere al riguardo da altri. Tiene sempre attivo il rapporto tra produzione e prodotto, tra produzione e posti di lavoro, tra produzione e qualità del prodotto stesso. Inoltre un Paese dove si produce è un Paese dove si lavora, con beneficio dei posti di lavoro e del benessere collettivo.
L’indipendenza energetica rende una Nazione automaticamente più forte sia politicamente che economicamente perché non dipende da nessuno, non è soggetta a ricatti od a condizionamenti né politici e né economici da altre Nazioni o Continenti. Inoltre, e di principale importanza economica, uno Stato energeticamente indipendente gestisce direttamente i propri costi energetici ed anche i costi di produzione dei beni e dei servizi. Se i costi di produzione energetica sono bassi sono basse anche le utenze e la parte di competenza dei costi di produzione industriale, con relativo beneficio dell’economia nazionale e dell’utente finale.
Ecco perché una Nazione, anche in una comunità europea come la nostra, deve cercare di essere sempre forte energeticamente, di produrre energia a basso costo, in modo pulito sostenibile ed ecologico (sono contraria al nucleare), e sopratutto autonomo. Cercare di sviluppare le potenzialità nelle singole Nazioni non va contro un interesse collettivo europeo, al contrario. L’insieme di più Paesi forti rende più forte la forza complessiva dell’unione stessa. È lo stesso concetto in base al quale i Paesi europei devono garantire determinati rating.
È inevitabile che in un sistema di libero mercato come quello al quale apparteniamo vinca la legge di mercato in base alla quale si diffonde di più il prodotto di uguale qualità che costa meno. È una legge giusta.
Viene da se che per proteggerci dall’invasione di prodotti stranieri le strade sono due. O si daziano i prodotti nel momento in cui entrano nella Nazione in modo da equiparare il loro prezzo al nostro, o si abbassano i nostri costi in modo da equiparare il nostro prezzo al loro.
La prima soluzione è impensabile e giustamente improponibile, almeno per quanto riguarda il circuito europeo. Sarebbe infatti da pazzi rimettere i confini e le tasse di importazione. La seconda soluzione segue di più la legge di mercato, ed in un regime giusto di libera concorrenza è anche la più corretta. Ma l’abbassamento dei costi di produzione non deve riguardare sempre e solo i costi del personale, della manovalanza impiegatizia. I costi di produzione sono anche i costi energetici, le tasse, i mega stipendi dei mega dirigenti, le loro buone uscite ed i loro premi che incidono fortemente nei conti di bilancio societario. Si potrebbe e si dovrebbe invece fare per diversi prodotti extraeuropei, tra i quali i prodotti alimentari cinesi, una forma seria di protezionismo. Non è possibile competere con economie talmente diverse dalle nostre che per costi di produzione bassi per mercato di manodopera e per la non garanzia di rispettare determinate norme e processi di produzione ci spiazzano il mercato. Continuare l’importazione di essi corrisponderebbe alla nostra morte. Infatti la Cina ci sta già mangiando
Il regime di libera concorrenza e di libero scambio nel mercato europeo è un principio giusto e di fondamentale importanza per l’esistenza dell’Europa stessa. Come è importante anche la concorrenza con il resto del mondo. Ciò che è mancato finora e che forse stiamo avendo ora a seguito dei problemi e della crisi generale è l’analisi del perché un prezzo estero è più basso, o meglio del perché il nostro prezzo è più alto. Questa è l’essenza positiva della concorrenza che spinge a migliorare quando si agisce poi sui giusti fattori (giuste strategie) e non su quelli di comodo. Allora ci accorgeremo dell’errore che è stato il non avere sviluppato da tempo le energie alternative ecologiche, per interessi o miopia di strategia economica e politica, e il non avere protetto e valorizzato maggiormente la nostra produzione agricola, sempre per miopia politica. C’è da sperare che capendo questi due errori di strategia essi in futuro non verranno ripetuti.
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01/03/2012
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