La febbre è un indice di una malattia. Quando la temperatura del nostro corpo sale a 38° - 40° è il sintomo di una infezione. Così quando lo spread di un Paese sale è il sintomo di un problema. Anche lo spread è un indice. Ci sono anche malattie senza febbre. Difatti, nel nostro caso, abbiamo avuto per anni uno spread sotto controllo, ed abbiamo covato per anni i microbi della crisi. Lo stesso è capitato in altri Paesi europei, e quindi all’Europa, fino a quando la crisi è esplosa portandoci in fase terminale. E nel nostro caso operati d’urgenza da un Governo tecnico. Quando il Presidente Mario Monti ha detto recentemente che siamo fuori dalla crisi probabilmente si riferiva al fatto che non siamo più in sala di rianimazione. Ma il fatto che la temperatura dello spread torni a salire è il sintomo che non siamo ancora fuori pericolo, che non siamo ancora guariti. E la febbre, anche maggiore della nostra, ce l’hanno anche altri Paesi europei. Questo fatto dovrebbe far pensare a Monti e agli altri esponenti europei che le cure da prendere contro la crisi europea dovrebbero essere “anche altre”. Non basta limitarsi ad aiutare il singolo Paese e ad agire nel singolo Stato, Stato che ha il dovere per primo di pensare a risolvere i problemi al suo interno ed a guarire nel suo interno, ma oltre a ciò bisognerebbe attuare “anche cure veramente europee”, quindi collettive e simultanee. Potrebbero essere nuove impostazioni per il futuro, oppure misure eccezionali, non ripetibili, somministrate in una unica dose. Andrebbero rivisti in fase europea rapporti, equilibri, regole bancarie e finanziarie, e debiti reciproci fra gli Stati. Del resto il malato è unico nel suo insieme: l’Europa.
14/04/2012 Angela Pensword
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