A fine febbraio 2013 ci
saranno le elezioni. Ciò che capiterà dopo non si può ancora sapere. Riguardo i
costi della politica le domande da porsi sono queste: “Le varie parti politiche, i
vari schieramenti, vorranno collaborare per diminuire veramente i costi della
politica? Dimezzare il numero dei parlamentari? Adeguare il loro stipendio ai
parametri europei? Apportare le modifiche necessarie per rendere ancora più efficiente
la gestione ed il controllo dei soldi pubblici? Apportare norme di controllo più
rigide sulla gestione dei soldi dei partiti nelle regioni in modo da evitare
nuovi episodi come quelli capitati recentemente? Fare in modo che i soldi
pubblici finiscano veramente per i servizi ai cittadini e non si fermino nei
meandri della cattiva gestione politica e del peculato?”
O troveranno nuove scuse, come
quella di non andare d’accordo, per non votare niente di ciò che va contro le
poltrone e contro alcuni dei privilegi della casta politica? Per migliorare la
società, e per riuscire a riequilibrare spese e servizi, la prima
ristrutturazione da fare è quella dei
costi della politica. Dopo si può sistemare tutto il resto.
Ora sono tutti d’accordo nel
dire che bisogna fare questo tipo di modifiche, e spesso tali proposte sono
presenti nei programmi elettorali. Quindi sorgono altre domande: “Se i partiti
ci tengono così tanto a tali riforme perché esse non sono state fatte dal
Parlamento durante questo ultimo anno, come più volte sollecitate da Napolitano
e da Monti? O perché non sono state
fatte in uno dei precedenti anni di governo politico?” Evidentemente tale
volontà non era presente neanche nella ipofisi della politica. Anche le recenti
proposte del governo tecnico per l’abolizione delle provincie hanno incontrato
diverse resistenze. E sulla legge elettorale non si è trovato l’accordo.
La crisi ed il conseguente
disgusto dei cittadini verso i politici ha portato la casta politica a farsi
carico delle proprie responsabilità pregresse, a non potersi più nascondere nel
lassismo, nella inerzia, nell’immobilismo, gozzovigliando nei loro festini.
Oramai è in atto una lavata di faccia generale in tutti i partiti (purtroppo
l’essere umano in molti casi migliora il proprio comportamento solo quando non
ha alternativa). Si spera che il rinnovamento non sia solo di facciata ma anche
di mentalità. Questa spinta al miglioramento in politica è uno dei lati
positivi della crisi.
Il fatto che tale
consapevolezza sia esposta nelle diverse forze politiche fa ben sperare che un
accordo su tali riforme verrà trovato subito dopo le elezioni. Quando si ha un
interesse in comune, anche se si è in tanti, è facile trovare un accordo. Bisogna
vedere quale è l’interesse comune. L’accordo è stato sempre trovato quando si è
trattato di aumentarsi gli stipendi o di aumentare i rimborsi ai partiti.
In fin dei conti noi con il
redditometro dovremo giustificare tutto contro l’evasione fiscale, allora è
altrettanto necessario (e lo è per principio) che ogni partito debba
giustificare ogni spesa nella gestione dei propri soldi, che sono soldi
pubblici. O anche questo vale solo per i comuni cittadini?
Le risposte alle nostre domande
le avremo solo dopo le elezioni. È molto probabile però che la casta politica
non smentisca la propria tradizione.
Angela Pensword 10/01/2013
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