Renzi ha sbagliato a non
formare un partito tutto suo subito dopo le primarie del centrosinistra. In
quel momento la sua visibilità era al massimo. La campagna
elettorale per le primarie lo ha portato in tour con il camper per tutta l’Italia
diffondendo la propria mentalità e le proprie idee e proposte. L’eco della
competizione tra i vari concorrenti, e poi il ballottaggio con Bersani, lo
hanno reso protagonista, insieme agli altri candidati. In quel momento inoltre,
il disgusto della popolazione verso la classe politica era ancora più sentito
ed enfatizzato dai precedenti scandali nei vari partiti e la memoria dei
disastri attuati dalla gestione politica ingessata e incapace degli ultimi
quaranta anni era maggiormente presente nella popolazione, con la conseguente
necessità per i cittadini di trovare qualcuno di nuovo che parlasse in modo
pulito e che rappresentasse una ventata di speranza. Il panorama politico era
ancora vecchio e privo di altre novità, e la popolazione non era distratta da
altre nuove attrazioni politiche.
Se le primarie fossero state
aperte a tutti i cittadini è probabile che le avrebbe vinte Renzi. A quel punto
molte persone del centrodestra avrebbero votato PD. Questo Bersani non poteva non saperlo, ma
evidentemente si è trattato di un rischio calcolato. La vittoria di Renzi
avrebbe legittimato quest’ultimo a diventare candidato premier nel prossimo
governo. Questo fatto, oltre a Bersani, avrebbe scontentato la parte più
conservatrice della sinistra. (Comunque essendo primarie di coalizione e non di
nazione è logico che siano limitate e circoscritte alla coalizione).
Proprio il fatto di non avere
vinto le primarie dopo averci investito così tante energie, e la consapevolezza
della quantità di share al proprio seguito, doveva spingere Renzi a formare un
proprio movimento o partito. Una nuova identità politica che poteva benissimo essere
inserita nella coalizione di centrosinistra. Molte persone avrebbero votato
lui, e di conseguenza il centrosinistra, se Renzi si fosse staccato dal PD e avesse formato una
propria identità politica. In definitiva, la mancata crescita di identità come
forma politica nuova da parte di Renzi ha in parte danneggiato il
centrosinistra stesso, ed avvantaggiato il centrodestra lasciandogli nel
calderone parecchi elettori. Ciò favorisce indirettamente un ritorno al
bipolarismo. Sarebbe stato importante
avere una forza politica che catalizzasse molti consensi sia dalla sinistra e
sia dalla destra e che con buon senso unisse il meglio dell’una e dell’altra,
anche se appartenente ad una coalizione per garantire una certa governabilità.
Non formando una propria
identità politica autonoma Renzi ha deluso molti dei suoi sostenitori. Ciò lo
porterà a perdere parte di share, perdita aggravata anche dal suo silenzio e
dal suo assoggettamento ai poteri della politica, contro i quali egli si era
battuto. Rispettare la parola data è certamente un fatto da ammirare. Ma quando
si vuole fare qualcosa di nuovo e cambiare un sistema si può fare parte di esso
all’inizio ma bisogna staccarsi nel momento in cui tale sistema ostacola il
rinnovamento, altrimenti ci si ferma. Inoltre Renzi, da alcune parti e forze
del centrosinistra non è mai stato riconosciuto come uno di centrosinistra, pur
essendolo. Ragione maggiore per formare una propria identità politica di
sinistra. Renzi ha rispettato la propria parola. Ma a danno di chi?
Renzi a parte, la politica
attuata da Bersani per il centrosinistra è una politica vincente. Per la
propria costanza e coerenza e per il proprio equilibrio Bersani si pone come
uno dei più affidabili uomini politici del momento.
Angela Pensword 10/01/2013
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