Il 30 giugno 2012 Mohammed Morsi giura davanti la Corte
Costituzionale. Egli è il primo Presidente egiziano ad essere stato eletto tramite
elezioni democratiche direttamente dal popolo. La sua elezione avviene sulla
scia della Primavera Araba la quale aveva
portato in Egitto alla destituzione di Mubarak. Ma dopo solo un anno dal suo insediamento
Morsi viene destituito da una forte protesta pacifica popolare (Tamarod) sempre
con il supporto dell’esercito.
L’esercito ha il ruolo di appoggiare il governo transitorio e di
traghettare il Paese verso nuove elezioni. Solo delle nuove elezioni democratiche potranno ridare all’Egitto un nuovo
equilibrio interno. Il dialogo
adesso potrebbe smorzare la appena nata guerra civile e riportare in Egitto un
certo equilibrio prima delle elezioni. Purtroppo nessuna delle due fazioni
sembra disposta a dialogare.
I Fratelli Musulmani non hanno mai accettato la destituzione del
proprio leader Morsi, avvenuta per altro in modo pacifico e con tanto di
festeggiamenti nelle piazze, ed hanno tutte le intenzioni, come affermato, di
andare avanti fino alla vittoria. L’altra parte, ossia il governo transitorio
che opera attraverso i militari, non può accettare disconoscimenti altrimenti
verrebbe deposto a sua volta. Ecco che è guerra civile. Nel
mese di luglio i Fratelli Musulmani attuano una forma di protesta pacifica ad
oltranza, ma si verificano già i primi scontri nel Paese e chiese copte e
cristiane vengono attaccate dalla fratellanza musulmana. Forse, e ripeto
forse, la resistenza ad oltranza dei Fratelli Musulmani è solo una provocazione
per arrivare ad una guerra civile e portare il Paese nel caos, una specie di
trappola per conquistare un potere mai avuto. Oppure è semplicemente la
mancanza di capacità di dialogo.
Dopo giorni di protesta e di
piazze occupate, e dopo lo scadere del 12 agosto 2013 dell’ultimatum dettato
dal governo transitorio di liberare le piazze, il 14 agosto 2013 iniziano gli
scontri ed una situazione che si può paragonare ad un inizio di guerra civile. Nei giorni successivi il
governo egiziano stringe le redini
contro i Fratelli Musulmani, ed inaspettatamente in tale situazione, il vice
presidente dell’attuale governo ad interim, El Baradei, si dimette.
La repressione così forzata
nei confronti dei Fratelli Musulmani potrebbe portare la parte più estrema di
essi a compiere nell’immediato futuro atti terroristici, creando una cellula
estrema anche in un Egitto che riesce a gestire la sua guerra civile
raggiungendo una calma apparente.
Il
governo Morsi, per certi versi, deludendo la parte più moderna
e laica del popolo egiziano che comunque lo aveva votato, ha rappresentato
il fallimento (almeno per ora) della primavera araba in Egitto. La
delusione della popolazione egiziana è un qualche cosa che è cresciuto man mano
nel corso dell’anno. La nuova Costituzione viene redatta velocemente (ed
approvata dal popolo con una bassa affluenza alle urne), e scontenta la parte
più laica e moderata del proprio elettorato. Probabilmente è proprio con la
stesura di tale Costituzione Morsi decreta il fallimento in Egitto della
Primavera araba. Ma probabilmente c’è anche altro. Da subito avvengono divergenze
tra Morsi (decreto 08 luglio 2012) e la Corte Costituzionale (che il 10
luglio 2012 sospende il decreto dell’8 luglio di Morsi), e tra Morsi ed i
poteri forti giudiziari (nel mese di novembre, per proteggere i propri
decreti e velocizzare il lavoro dell’Assemblea Costituente riguardo la stesura
della nuova Costituzione egiziana, Morsi accentra su di sé molti poteri
giudiziari).
In Egitto convivono diverse
culture, come quella cristiana e quella musulmana. L’Egitto è un Paese moderno,
ma ha al nel suo interno ancora sacche di integralismo musulmano religioso
alcune delle quali sfociano nel fanatismo. È un Pese ricco di potenzialità che
da qualche tempo sta attraversando anche esso una crisi economica. È un Paese alla ricerca di un proprio equilibrio.
Tale equilibrio, una volta raggiunto con nuove elezioni, poi per essere
mantenuto dovrà necessariamente passare attraverso una corretta gestione della
democrazia, la quale si esprime non solo attraverso libere elezioni, ma anche
nel rispetto reciproco delle singole diversità. Altrimenti da guerra politica o
di potere si passa a guerra di cultura.
Nel frattempo gli scontri
aumentano e la tensione sale sempre di più. Come sale la rabbia tra le due
fazioni. La situazione egiziana potrebbe degenerare infuocando l’intero
Egitto, aumentando la tensione in Medio Oriente (zona già carica di tensioni),
e portando come conseguenza una forte ondata migratoria nei Paesi occidentali
del Mediterraneo con una situazione difficile da gestire anche per l’intera
Europa
Gli avvenimenti successivi,
come la accusa di tradimento mossa contro El Baradei, e l’inaspettata
scarcerazione di Mubarak per decadenza di una parte delle accuse che lo
riguardavano, possono portare ulteriore confusione nella popolazione egiziana. El Baradei è premio Nobel per la Pace
2005 ed esponente di rilievo del Fronte di Salvezza Nazionale, fronte di
opposizione ai Fratelli Musulmani. Con la caduta del governo Morsi egli diventa
Vice Presidente nel governo temporaneo, ma non condividendo la operatività di
repressione attuata nelle piazze contro i sostenitori di Morsi, il 14 agosto
rassegna le sue dimissioni. Attualmente è a Vienna. L’accusa contro El Baradei
potrebbe non piacere a gran parte dei sostenitori del governo temporaneo, e
potrebbe rappresentare un atto di potere da parte del regime militare. L’accusa
di tradimento non proviene comunque dal governo temporaneo. L’inattesa scarcerazione
di Mubarak aggiunge un problema in
una situazione già problematica. Riguardo la scarcerazione di Mubarak non ci si
può non domandare: perché proprio ora? Vi è l’intenzione da parte di qualcuno
di destabilizzare ulteriormente l’Egitto o è solo una coincidenza? E come si
comporterà ora Mubarak?
L’UE condanna ogni atto di violenza e di terrorismo, e spera che
l’Egitto ritrovi la strada del dialogo e dalla democrazia. Nel frattempo
l’Europa sospende i rifornimenti di armi e di equipaggiamenti, ma si mantiene
neutrale per gli altri rapporti commerciali. Anche gli USA hanno deciso di sospendere almeno in parte la consegna di armi
commissionate nell’ambito dei rapporti annuali tra i due Paesi. L’Arabia Saudita e Israele in compenso hanno deciso di sopperire agli eventuali
restringimenti economici e di armi disposti dall’Occidente, e di appoggiare il
Governo temporaneo e l’esercito egiziano.
Proprio grazie a questo futuro
sovvenzionamento dei Paesi Arabi del Golfo forse per l’Egitto non è tutto
perso, e si potrebbe aprire una nuova fase di crescita che se gestita bene
potrà portare il Paese a raggiungere nuovamente un proprio equilibrio. Il Ministro delle Finanze egiziano ha resa
nota la strategia economica che il Governo temporaneo intende intraprendere.
Non verranno alzate le tasse e non verrà abbattuta la spesa, e si attueranno
investimenti per migliorare l’economia (ciò di cui in realtà avremmo bisogno
anche noi qui in Italia).
La democrazia è una scelta ed
una conquista lenta e dolorosa, che ogni Paese ha il diritto di raggiungere nel
suo interno, senza interferenze esterne, e senza lotte intestine interne.
Spesso la mancanza di democrazia e la guerra civile sono problematiche che
derivano dall’interno di un Paese stesso, per mancanza di dialogo, e per
scontri di interesse e di cultura troppo ampi.
Angela Pensword 21/08/2013
Segnalo l'articolo di Fausto Biloslavo del 26/08/2013 su IL GIORNALE nel quale è riportata l'interessante intervista a Naguib Sawiris, magnate egiziano.
RispondiEliminahttp://www.ilgiornale.it/news/esteri/legitto-si-liberato-dittatura-lintervista-frasi-popolo-che-945412.html
Un altro articolo di interesse di Cecilia Rasile del 20/08/2013 QUESTO NON è UN GOLPE
RispondiEliminahttp://ceciliarasile.com/2013/08/20/questo-non-e-un-golpe/