mercoledì 21 agosto 2013

CRISI EGIZIANA

Il 30 giugno 2012 Mohammed Morsi giura davanti la Corte Costituzionale. Egli è il primo Presidente egiziano ad essere stato eletto tramite elezioni democratiche direttamente dal popolo. La sua elezione avviene sulla scia della Primavera Araba la quale aveva portato in Egitto alla destituzione di Mubarak. Ma dopo solo un anno dal suo insediamento Morsi viene destituito da una forte protesta pacifica popolare (Tamarod) sempre con il supporto dell’esercito.
L’esercito ha il ruolo di appoggiare il governo transitorio e di traghettare il Paese verso nuove elezioni. Solo delle nuove elezioni democratiche potranno ridare all’Egitto un nuovo equilibrio interno. Il dialogo adesso potrebbe smorzare la appena nata guerra civile e riportare in Egitto un certo equilibrio prima delle elezioni. Purtroppo nessuna delle due fazioni sembra disposta a dialogare.
I Fratelli Musulmani non hanno mai accettato la destituzione del proprio leader Morsi, avvenuta per altro in modo pacifico e con tanto di festeggiamenti nelle piazze, ed hanno tutte le intenzioni, come affermato, di andare avanti fino alla vittoria. L’altra parte, ossia il governo transitorio che opera attraverso i militari, non può accettare disconoscimenti altrimenti verrebbe deposto a sua volta. Ecco che è guerra civile. Nel mese di luglio i Fratelli Musulmani attuano una forma di protesta pacifica ad oltranza, ma si verificano già i primi scontri nel Paese e chiese copte e cristiane vengono attaccate dalla fratellanza musulmana. Forse, e ripeto forse, la resistenza ad oltranza dei Fratelli Musulmani è solo una provocazione per arrivare ad una guerra civile e portare il Paese nel caos, una specie di trappola per conquistare un potere mai avuto. Oppure è semplicemente la mancanza di capacità di dialogo.
Dopo giorni di protesta e di piazze occupate, e dopo lo scadere del 12 agosto 2013 dell’ultimatum dettato dal governo transitorio di liberare le piazze, il 14 agosto 2013 iniziano gli scontri ed una situazione che si può paragonare ad un inizio di guerra civile. Nei giorni successivi il  governo egiziano stringe le redini contro i Fratelli Musulmani, ed inaspettatamente in tale situazione, il vice presidente dell’attuale governo ad interim, El Baradei, si dimette.
La repressione così forzata nei confronti dei Fratelli Musulmani potrebbe portare la parte più estrema di essi a compiere nell’immediato futuro atti terroristici, creando una cellula estrema anche in un Egitto che riesce a gestire la sua guerra civile raggiungendo una calma apparente.
Il governo Morsi, per certi versi, deludendo la parte più moderna e laica del popolo egiziano che comunque lo aveva votato, ha rappresentato il fallimento (almeno per ora) della primavera araba in Egitto. La delusione della popolazione egiziana è un qualche cosa che è cresciuto man mano nel corso dell’anno. La nuova Costituzione viene redatta velocemente (ed approvata dal popolo con una bassa affluenza alle urne), e scontenta la parte più laica e moderata del proprio elettorato. Probabilmente è proprio con la stesura di tale Costituzione Morsi decreta il fallimento in Egitto della Primavera araba. Ma probabilmente c’è anche altro. Da subito avvengono divergenze tra Morsi (decreto 08 luglio 2012) e la Corte Costituzionale (che il 10 luglio 2012 sospende il decreto dell’8 luglio di Morsi), e tra Morsi ed i poteri forti giudiziari (nel mese di novembre, per proteggere i propri decreti e velocizzare il lavoro dell’Assemblea Costituente riguardo la stesura della nuova Costituzione egiziana, Morsi accentra su di sé molti poteri giudiziari).
In Egitto convivono diverse culture, come quella cristiana e quella musulmana. L’Egitto è un Paese moderno, ma ha al nel suo interno ancora sacche di integralismo musulmano religioso alcune delle quali sfociano nel fanatismo. È un Pese ricco di potenzialità che da qualche tempo sta attraversando anche esso una crisi economica.  È un Paese alla ricerca di un proprio equilibrio. Tale equilibrio, una volta raggiunto con nuove elezioni, poi per essere mantenuto dovrà necessariamente passare attraverso una corretta gestione della democrazia, la quale si esprime non solo attraverso libere elezioni, ma anche nel rispetto reciproco delle singole diversità. Altrimenti da guerra politica o di potere si passa a guerra di cultura.
Nel frattempo gli scontri aumentano e la tensione sale sempre di più. Come sale la rabbia tra le due fazioni. La situazione egiziana potrebbe degenerare infuocando l’intero Egitto, aumentando la tensione in Medio Oriente (zona già carica di tensioni), e portando come conseguenza una forte ondata migratoria nei Paesi occidentali del Mediterraneo con una situazione difficile da gestire anche per l’intera Europa
Gli avvenimenti successivi, come la accusa di tradimento mossa contro El Baradei, e l’inaspettata scarcerazione di Mubarak per decadenza di una parte delle accuse che lo riguardavano, possono portare ulteriore confusione nella popolazione egiziana. El Baradei è premio Nobel per la Pace 2005 ed esponente di rilievo del Fronte di Salvezza Nazionale, fronte di opposizione ai Fratelli Musulmani. Con la caduta del governo Morsi egli diventa Vice Presidente nel governo temporaneo, ma non condividendo la operatività di repressione attuata nelle piazze contro i sostenitori di Morsi, il 14 agosto rassegna le sue dimissioni. Attualmente è a Vienna. L’accusa contro El Baradei potrebbe non piacere a gran parte dei sostenitori del governo temporaneo, e potrebbe rappresentare un atto di potere da parte del regime militare. L’accusa di tradimento non proviene comunque dal governo temporaneo. L’inattesa scarcerazione di Mubarak aggiunge un problema in una situazione già problematica. Riguardo la scarcerazione di Mubarak non ci si può non domandare: perché proprio ora? Vi è l’intenzione da parte di qualcuno di destabilizzare ulteriormente l’Egitto o è solo una coincidenza? E come si comporterà ora Mubarak?
L’UE condanna ogni atto di violenza e di terrorismo, e spera che l’Egitto ritrovi la strada del dialogo e dalla democrazia. Nel frattempo l’Europa sospende i rifornimenti di armi e di equipaggiamenti, ma si mantiene neutrale per gli altri rapporti commerciali. Anche gli USA hanno deciso di sospendere almeno in parte la consegna di armi commissionate nell’ambito dei rapporti annuali tra i due Paesi. L’Arabia Saudita e Israele in compenso hanno deciso di sopperire agli eventuali restringimenti economici e di armi disposti dall’Occidente, e di appoggiare il Governo temporaneo e l’esercito egiziano.   
Proprio grazie a questo futuro sovvenzionamento dei Paesi Arabi del Golfo forse per l’Egitto non è tutto perso, e si potrebbe aprire una nuova fase di crescita che se gestita bene potrà portare il Paese a raggiungere nuovamente un proprio equilibrio. Il Ministro delle Finanze egiziano ha resa nota la strategia economica che il Governo temporaneo intende intraprendere. Non verranno alzate le tasse e non verrà abbattuta la spesa, e si attueranno investimenti per migliorare l’economia (ciò di cui in realtà avremmo bisogno anche noi qui in Italia).  
La democrazia è una scelta ed una conquista lenta e dolorosa, che ogni Paese ha il diritto di raggiungere nel suo interno, senza interferenze esterne, e senza lotte intestine interne. Spesso la mancanza di democrazia e la guerra civile sono problematiche che derivano dall’interno di un Paese stesso, per mancanza di dialogo, e per scontri di interesse e di cultura troppo ampi. 
Angela Pensword   21/08/2013


2 commenti:

  1. Segnalo l'articolo di Fausto Biloslavo del 26/08/2013 su IL GIORNALE nel quale è riportata l'interessante intervista a Naguib Sawiris, magnate egiziano.
    http://www.ilgiornale.it/news/esteri/legitto-si-liberato-dittatura-lintervista-frasi-popolo-che-945412.html

    RispondiElimina
  2. Un altro articolo di interesse di Cecilia Rasile del 20/08/2013 QUESTO NON è UN GOLPE
    http://ceciliarasile.com/2013/08/20/questo-non-e-un-golpe/

    RispondiElimina