Giugno
2012.
Mohammed Morsi è il primo Presidente egiziano ad essere stato eletto attraverso
elezioni democratiche direttamente del popolo. Le elezioni presidenziali si
sono svolte a maggio in primo turno, ed in giugno come ballottaggio, nel quale
Morsi ottiene il 51,7% di preferenze contro lo sfidante Ahmed Shafiq, ex comandante
dell’Aeronautica militare ed ex primo ministro di Mubarak. Il 24 giugno 2012
Mohammed Morsi viene ufficialmente proclamato Presidente. Il 29 giugno Morsi
tiene un proprio discorso a Piazza Tahrir. Piazza Tahrir è piena di persone che
festeggiano. Il 30 giugno giura davanti la Corte Costituzionale. Da allora si
sono verificate delle divergenze istituzionali tra Morsi (decreto 8 luglio
2012) e la stessa Corte Costituzionale (che il 10 luglio 2012 sospende il
decreto dell’8 luglio di Morsi). ( http://leg16.camera.it/561?appro=455 ). A novembre 2012 Morsi si attribuisce
con decreto ampi poteri giudiziari, per proteggere e velocizzare i propri
decreti ed il lavoro della Assemblea Costituente, investita della formulazione
di una nuova Costituzione, ed accentrando così in sé più poteri di quelli
riconosciutigli all’inizio del suo mandato.
Una cosa che ha certamente deluso una parte dell’elettorato di Morsi,
esattamente la parte più moderata e laica della Primavera Araba, è stata la Nuova
Costituzione egiziana, approvata con il referendum del 15 e 22 dicembre
2012 dal 63,8% degli elettori in una affluenza del 32,9% degli aventi diritto
al voto. Tale Costituzione scontenta certamente la parte più laica e moderna
degli elettori di Morsi. È proprio con la stesura di tale Costituzione, redatta
molto velocemente, che probabilmente Morsi decreta il fallimento in Egitto
della Primavera araba. (vedi l’opinione di Amnesty International al riguardo: http://www.amnesty.it/news/la-nuova-costituzione-egiziana-limita-liberta-fondamentali-e-ignora-diritti-delle-donne .
Dopo
solamente un anno dalla sua proclamazione il Presidente Morsi viene deposto.
Luglio
2013.
La destituzione pacifica di Morsi. Il 03 luglio 2013 il movimento di
protesta (denominato Tamarod) contro la politica del Presidente Mohammed Morsi
riesce a destituire Morsi ed il suo governo con una protesta pacifica e con
l’appoggio dell’esercito egiziano. Viene istituito un Governo temporaneo con
l’intenzione di portare l’Egitto a nuove elezioni. La resistenza dei
Fratelli Musulmani. I Fratelli Musulmani non riconoscono mai la legittimità
del Governo transitorio, ed iniziano una serie di proteste, quasi sempre
pacifiche, con l’intenzione di proteggere e insediare nuovamente il deposto
Presidente Morsi. Forse,
e ripeto forse, la resistenza ad oltranza dei Fratelli Musulmani è solo una
provocazione per arrivare ad una guerra civile e portare il Paese nel caos, una
specie di trappola per conquistare un potere mai avuto. Oppure è semplicemente
la mancanza di capacità di dialogo. Dopo giorni di protesta e di piazze occupate, ed anche di
episodi di scontri e di vittime tra le parti, e dopo lo scadere del 12 agosto
2013 dell’ultimatum dettato dal governo transitorio di liberare le piazze
occupate, il 14 agosto 2013 iniziano
gli scontri ed una situazione che si può paragonare ad un inizio di guerra
civile.
La speranza è che tale guerra
civile non degeneri ulteriormente e non infiammi tutto l’Egitto, con
conseguenze devastanti non solo per l’Egitto, ma per tutti i Paesi del
Mediterraneo.
Insomma non si sa bene dove
stia la parte della ragione. In ogni caso la destituzione del Presidente Morsi evidenzia che esiste una grande fetta della
popolazione contraria alla politica attuata dal governo Morsi. Tra di essa vi
può essere una parte di proprio elettorato deluso. E vi può essere una parte
che in realtà è inconsapevolmente manovrata dai poteri forti che Morsi ha, con
le sue disposizioni, in parte delegittimato (questa è una cosa che urta i
poteri forti in ogni Paese). La resistenza dei Fratelli Musulmani evidenzia che
esiste una grande fetta della popolazione che vuole riportare al potere i Fratelli
Musulmani. Una parte che, anche se delusa, spera nella possibilità di un
riscatto. E una parte, forse più estrema, che spera di governare attraverso i
Fratelli Musulmani. In più vi è comunque uno scontro di culture e di religioni
all’interno di questo Paese, ed una crisi economica che va saputa risolvere. Un
nuovo equilibrio può essere raggiunto dall’Egitto solo attraverso nuove
elezioni. E soprattutto, dopo queste nuove elezioni, la democrazia andrà saputa
gestire, sia dai governanti egiziani, sia dal popolo egiziano, e sia dai poteri
forti.
Angela Pensword 16/08/2013
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