Nella giornata del 16
settembre 2013 presso il Consiglio di Sicurezza dell’ONU Ban KI Moon espone il
rapporto degli ispettori relativamente a quanto accaduto in Siria. In tale rapporto
gli ispettori hanno confermato l’utilizzo di tali armi, e hanno rivelato degli
aspetti tecnici: 350 litri di gas sarin risultano essere stati usati contro la
popolazione. L’utilizzo di armi chimiche era già certo la settimana scorsa, e
continua a non essere certa la mano che le ha lanciate. L’ambasciatore USA in
sede ONU torna ad indicare in Assad il responsabile della strage del 21 agosto
scorso. Si torna quindi a ribadire che l’uso di tali armi è scaturito dalle
truppe governative. La convinzione di ciò deriva però solo da una deduzione.
Solo il regime di Assad avrebbe avuto la capacità bellica per il loro possesso
e quindi per il loro utilizzo. Ma a parte questo, però, non ci sono prove
dirette. Anzi, nei giorni precedenti in internet sono state portate avanti
ipotesi totalmente diverse. Quindi, anche se si torna a puntare il dito contro
Assad, bisogna rendersi conto che in realtà non è cambiato niente rispetto ai
giorni precedenti nei quali è stato anche trovato l’accordo tra USA e Russia,
accordo che ha portato Assad ad accettare di aderire alla Convenzione contro le
armi chimiche e ad autorizzarne sotto controllo ONU il loro smantellamento.
Sembra l’ultimo colpo di coda per provare a far scattare una guerra che
qualcuno sembra volere ad ogni costo, o che qualcuno vuole comunque anche se
sarebbe meglio evitarla. Lo smantellamento delle armi chimiche siriane e
l’adesione della Siria alla convenzione internazionale contraria al loro utilizzo
ed al loro possesso è già un ottimo risultato. Ed è un risultato diplomatico
ottenuto proprio da una intesa positiva tra USA e Russia, e da un’ancora più
positiva e lungimirante adesione di Assad. Quindi spero che tale relazione
degli ispettori ONU, anche se veritiera ed anche se corretta nella sua
interpretazione, non porti ad un acutizzarsi della tensione e non faccia da
detonatore a questa guerra.
Angela Pensword
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