Il 02 ottobre 2013 il governo
Letta ottiene la fiducia dopo la brutta crisi causata dai movimenti tettonici e
sussultori del Pdl nei confronti del governo. Le divergenze di opinione con il
PD erano riferite a più ambiti, ma riguardavano soprattutto la gestione della
decadenza di Berlusconi a seguito della sentenza Mediaset. Nei giorni scorsi
l’instabilità politica era diventata insostenibile. In questa girandola di
delirio politico interno al Pdl abbiamo visto di tutto. Parlamentari e ministri
dimissionari, assetto a testuggine dell’esercito berlusconiano, cambi di scena,
via vai dai palazzi, incontri e scontri interni, ipotesi di scissione, per poi
finire con un nulla di fatto e lo stesso Berlusconi che in fase di
dichiarazione di fiducia nell’Aula del Senato salva il governo porgendogli la
mano dopo averlo portato sin sul burrone. (vedi articolo Berlusconi vota la fiducia al governo). Letta ha messo
il Pdl di fronte alla responsabilità della crisi di governo tanto paventata dal
Pdl stesso, richiedendo una necessaria verifica in Aula attraverso la fiducia
per avere poi la giusta governabilità. Negli ultimi giorni la migrazione tra
falchi e colombe ha reso lo stormo pidiellino meno numeroso e più vulnerabile.
In questo scontro testa a testa tra Letta e Berlusconi ha vinto Letta. Ma come ne esce il governo da questa crisi? E
Letta? Come ne esce il Pdl? E che prospettive ci sono nella scena politica
futura italiana?
Come
esce il governo da questa scampata crisi?
Sicuramente
il governo esce rafforzato da questa bagarre politica. Il risultato positivo
della fiducia dà nuova legittimazione all’attuale governo, ed anche i mercati
vedono positivamente la ritrovata stabilità. Letta ha dimostrato di avere gli
attributi, anche se calmo e silenzioso. Non ha ceduto alle pressioni del Pdl
mettendo il Pdl stesso di fronte alla responsabilità di una crisi di governo.
Dopo una crisi politica così
brutta il governo non può che uscirne fortificato. È una crisi che ha permesso
di chiarire alcune cose internamente alle forze politiche, portando a nuovi
equilibri interni ai partiti, in primis nel Pdl. È una crisi politica che ha
permesso al governo Letta di essere puntellato su più colonne e dunque su di
una maggioranza più ampia, a seguito della scissione non ancora effettiva del
Pdl in due correnti, una più moderata disposta a sostenere il governo senza
sottostare alle decisioni di un capo, e una più estremista.
Ma
da questa situazione come ne esce il Pdl?
Il
Pdl anche se non ne esce con le ossa rotte, ha certamente le ossa ammaccate. Ci
vorrà un po’, poche settimane, e tornerà più forte di prima, soprattutto se le
correnti interne avranno una loro autonomia e se si formeranno quindi altri
soggetti politici. L’individualità di pensiero è una forza, ed il Pdl ha
bisogno di essere identificato in un partito formato da più correnti e non
identificato in un solo uomo.
Il fatto di avere votato la
fiducia al governo Letta ha permesso al Pdl di rimanere unito. Ma questo non
eviterà la formazioni di correnti interne. Si sono delineate posizioni molto
diverse ed anime diverse all’interno del partito, indipendentemente dai falchi
e dalle colombe. Quindi si apre, probabilmente, una nuova era per il Pdl,
un’era dove il potere assoluto di Berlusconi risulta ridimensionato. Se si
arriva alla formazione di altre entità partitiche non è escluso che esse
calamitino e si fondino insieme ad una parte di Scelta Civica e con altre
figure politiche, formando una nuova figura centrale che stranamente, senza
Berlusconi, potrebbe risultare ancora più forte. In questo caso la novità
sarebbe l’assenza del capo. E sarebbe anche il punto di forza, perché l’avere
ritrovato una identità partitica centrale che non si ricolleghi ad una figura
di una sola persona è ciò che mancava da tempo nello scenario politico del
centrodestra
È successo quindi qualche cosa
di molto positivo nella giornata del 02 ottobre. Prima di tutto la realtà di un
governo più forte che certamente può dare agli occhi interni ed internazionali
una maggiore governabilità con i risvolti positivi economici che ne conseguono.
Secondariamente il centrodestra si è svincolato finalmente di una figura leader
come quella di Berlusconi ormai ingombrante, recuperando una certa autonomia di
correnti.
Possibile
scenario futuro:
Forse non ci si rende ancora
ben conto di ciò che è successo e di ciò che potrebbe comportare nel futuro. Altri
equilibri tanto per cominciare. Si potrebbe arrivare alla formazione di un
grande centro che convoglia tutte le forze moderate del centrosinistra e del
centrodestra, lasciando ai lati gli estremi. Ovviamente tutto dipende dalle
prossime mosse che avverranno all’interno del Pdl e nell’intera scena politica
italiana. Anche internamente al PD sono
presenti dei contrasti sia nella base e sia nei vertici. Come in ogni partito
anche nel PD vi è nella base una parte di elettorato più intransigente e più
mal disposto ad un dialogo costruttivo con le altre forze politiche, ed una
parte invece più moderata e più disponibile al dialogo e alle larghe intese,
intese che si potrebbero esprimere anche all’interno di una grande coalizione
di centro. A questa seconda categoria appartengono sia Letta che Renzi, e molti
altri esponenti del PD. Ciò non vuole dire però che Letta o Renzi decidano di
aderire ad un grande centro, e nel caso lo farebbero mantenendo la propria
autonomia di pensiero e di corrente, come è giusto che sia. Anche i dinosauri
del PD potrebbero avere l’elasticità mentale di aderire ad una grande
coalizione di centro, ma non lo faranno per mancanza di convenienza politica e per
recuperare così quella parte di elettorato intransigente e le poltrone. Passando
ora alla fantapolitica si potrebbe ipotizzare una futura unione tra SEL, la
parte più estrema del PD, ed M5S. Ma questa è appunto fantapolitica. Tornando
all’ipotetico centro, se alla nuova parte indipendente del PDL ci aggiungiamo Scelta Civica, Fratelli d’Italia, Casini, e le
altre forze moderate comprese quelle di centrosinistra, mantenendo ognuna la
propria identità, ecco che avremmo una grande coalizione centrale. L’evolversi
del panorama politico italiano potrebbe rappresentare la fine del bipolarismo.
Il nuovo centro potrebbe
essere una forza politica vincente. Ma per essere tale dovrà tenere un
comportamento corretto che si esprime nel dialogo e nel rispetto, e in un
discorso costruttivo volto al bene del Paese e non agli interessi di partito,
di casta, o personali. Altrimenti si
tornerebbe semplicemente alla prima repubblica ed all’immobilismo cancrenoso e
corrotto delle connivenze che ci hanno accompagnato da poco dopo il dopo guerra
fino ai giorni nostri (anche se appartenenti alla seconda repubblica).Oppure si
tornerebbe ad altri assembramenti passati sorti con un nome nuovo ma con
principi vecchi.
Indipendentemente da quali
partiti e da quali coalizioni avremo prossimamente in Italia, e dal sistema di
governo, è sperabile che la classe politica esprima quella nuova mentalità di
cui l’Italia ha bisogno e della quale i politici continuano a riempirsi la
bocca senza fare in toto i fatti. Sappiamo benissimo che in tutti i partiti ci
sono capi, e sono molti, che vogliono rimanere lì solo per salvaguardare i
propri interessi ed il proprio potere, anche quando parlano di un’opera di
ristrutturazione del proprio partito volta a mettere nuove persone che, come
quelle di prima devono avere la caratteristica di essere delle teste di legno.
Se nel Pdl, dopo la presa di
forza di Alfano e delle colombe che hanno dimostrato un sussulto di personalità
in questa specifica vicenda, le cose non proseguissero verso la definizione di
una nuova figura partitica o di un nuova corrente indipendente, e ci si
comportasse come se non fosse accaduto niente, sarebbe un grande errore per il
centrodestra, o comunque per quella parte di centro che vorrebbe esistere anche
senza Berlusconi. Se le cose rimanessero esattamente come ora senza una
maggiore presa di posizione di tale forza indipendente, allora Alfano
continuerebbe a fare l’uomo trasparente, e questi sussulti di identità interni
al Pdl vuole dire che sono stati un miraggio ed un abbaglio.
Dopo il 02 ottobre si apre
comunque per l’Italia una nuova stagione politica. I frutti di questa stagione
dipenderanno (come capita proprio nelle stagioni dell’anno) dall’evolversi
delle situazioni e dal lavoro che verrà fatto non a fine di partito ma a fine
dell’Italia. Speriamo che sia iniziata una primavera, od almeno una maggiore
stabilità che dia dei buoni frutti come riforme e risultati da un punto di
vista sociale, politico ed economico.
Angela Pensword 03/10/2013
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